L’influencer Clizia Incorvaia rinviata a giudizio a più di un anno dalla denuncia dell’ex Francesco Sarcina che l’aveva accusata di aver pubblicato foto e video della figlia Nina di 9 anni sui social senza aver ricevuto il consenso e per trarne profitti pubblicizzando prodotti. Il processo, che si terrà a metà dicembre vedrà quindi la modella, attuale moglie di Paolo Ciavarro, imputata in udienza davanti ai giudici per “gravi violazioni della privacy” e degli accordi che aveva preso con l’ex coniuge, cantante della band Le Vibrazioni, in sede di separazione sull’utilizzo dell’immagine della bambina, che prevedeva il divieto di esposizione al pubblico in assenza dell’autorizzazione del padre.
Sarcina in particolare aveva presentato un esposto in procura nel quale specificava che l’ex compagna aveva continuato a diffondere post nei quali compariva la ragazzina minorenne in contesti pubblicitari che promuovevano sponsor da almeno 5 aziende differenti, di abbigliamento e calzature per bambini, nonostante le esplicite comunicazioni via messaggio, avvenute tra i due nelle quali l’ex marito la invitava ad interrompere queste pubblicazioni.
Clizia Incorvaia rinviata a giudizio per violazione della privacy della figlia Nina, avuta dall’ex Francesco Sarcina
Nel fascicolo processuale che vede imputata Clizia Incorvaia per violazioni della privacy della figlia di 9 anni, avuta con l’ex marito Francesco Sarcina, compaiono anche le prove che il frontman de Le Vibrazioni aveva allegato in sede di denuncia alla procura. Tra queste, avrebbe giocato un ruolo fondamentale lo scambio di messaggi in chat tra i due ex coniugi, nel quale compare l’esplicita richiesta del padre ad interrompere la diffusione di video ed immagini della bambina. La modella però non aveva acconsentito, in quanto, l’attività di sponsorizzazione era la principale fonte di guadagno e sostentamento.
Dall’estratto del documento pubblicato da Repubblica, al quale sono allegati gli screenshot della chat emerge infatti la dichiarazione di Sarcina alla Procura di Roma che sottolinea: “Alle mie richieste via messaggistica rivolte alla Sig.ra Clizia Incorvaia, di cessare di utilizzare l’immagine di nostra figlia sui social e a fini pubblicitari, la stessa mi ha risposto testualmente: ‘Io li campo grazie ai brand di moda e pago la scuola, vestiti, etc’”, per il Tribunale quindi, una chiara prova di ammissione del fatto di aver utilizzato l’immagine della bimba per profitto e continuato a farlo anche senza il consenso di entrambi i genitori.