CODY GAKPO, POSSIBILI SANZIONI PER LA MAGLIA “APPARTENGO A GESÙ”
Cody Gakpo, attaccante olandese del Liverpool, potrebbe essere a rischio sanzioni da parte della Premier League inglese a causa di una maglietta con la scritta “I belong to Jesus” (“Appartengo a Gesù” in inglese), esibita in occasione della partita di domenica 27 aprile 2025 contro il Tottenham. Il Liverpool ha vinto con un nettissimo 5-1, Gakpo ha segnato uno dei cinque gol e infine la vittoria ha portato anche la matematica certezza del ventesimo campionato inglese vinto dal Liverpool nella propria storia. Insomma, tutto perfetto se non fosse per la maglietta che recita “appartengo a Gesù”.
Il regolamento in effetti prevede che i giocatori non mostrino messaggi politici, religiosi o personali sui propri indumenti. Sono vietati per la precisione dall’International Football Association Board slogan, dichiarazioni o immagini che veicolino appunto “messaggi di carattere politico, religioso o personale”. La norma è stata introdotta per evitare messaggi “pericolosi” che possano ad esempio fomentare la tifoseria avversaria in caso di incroci a rischio, ma inevitabilmente come tutte le regole deve essere generica e quindi fatalmente può colpire anche messaggi di fatto “innocui” come quello di Cody Gakpo, che ricordando la propria fede in Gesù certamente non faceva del male a nessuno e nemmeno fomentava facinorosi di alcun genere.
CODY GAKPO, DUE PESI E DUE MISURE NEL MONDO DEL CALCIO?
Fin qui il regolamento che, lo ribadiamo, a stretto rigor di termini potrebbe in effetti portare a una sanzione per Cody Gakpo, anche se naturalmente si spera commisurata al fatto che in questo caso il calciatore, come si accennava in precedenza, non ha offeso nessuno e non ha sobillato gli animi di chicchessia nel bel pomeriggio di festa che il Liverpool ha vissuto ad Anfield. Volendo però approfondire, ci viene inevitabile pensare che ci siano due pesi e due misure nel calcio di oggi, e che ci siano messaggi politici-religiosi-personali che invece si possono veicolare, forse perché spinti da potenti correnti in seno alla Fifa o agli altri organi di governo calcistici.
Potremmo citare le fasce arcobaleno per i capitani, o altre iniziative LGBT friendly, in particolare in occasione del mese del Pride, quando anzi spesso chi invece non vorrebbe aderirvi viene additato come omofobo. Potremmo citare gli inginocchiamenti in nome del Black Lives Matter, anche in questo caso con pubblico ludibrio dedicato a ci non si inginocchiava – in entrambi i casi alla faccia della “libertà” di sostenere o meno messaggi di questo genere, di fatto imposti dall’alto e proprio per questo ovviamente non punibili, perché non sono frutto dell’iniziativa del singolo calciatore. A sfondo religioso, potremmo ricordare l’interruzione delle partite per permettere ai giocatori di fede islamica di rifocillarsi al momento esatto del tramonto nel mese del Ramadan. Sarebbe triste se fosse invece ritenuto “pericoloso” un cristiano che scrive di “appartenere a Gesù”…