I Colloqui di Londra sulla guerra in Ucraina si sono dissolti prima ancora di cominciare quando il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha annunciato la propria assenza citando “problemi logistici” lasciando così il posto all’inviato Keith Kellogg: a questa defezione si sono aggiunte quelle ben più significative dei ministri degli Esteri di Francia, Germania e Ucraina che hanno scelto di ritirarsi in blocco, riducendo i negoziati a mere riunioni tecniche.
La scelta riflette le profonde tensioni intorno alla proposta avanzata da Washington: un cessate il fuoco in cambio del riconoscimento del controllo russo sulla Crimea con Kiev che ha rigettato la proposta definendola “incostituzionale” mentre il presidente Volodymyr Zelensky ha chiarito con fermezza che “nessun compromesso sarà accettato sul territorio sovrano”.
Mosca, dal canto suo, insiste nel ribadire la legittimità dell’annessione della penisola ma l’assenza di figure chiave come Rubio e dell’inviato Steve Witkoff – in partenza per Mosca – svuota di significato il vertice e ne indebolisce la portata diplomatica: il Financial Times non ha esitato a definirlo “un regalo a Putin” mettendo in evidenza come l’iniziativa sembri più un atto di resa che uno slancio di mediazione.
Sullo sfondo, la frattura tra gli alleati occidentali si fa sempre più evidente: Parigi e Berlino temono che ogni concessione sul destino della Crimea possa mettere a rischio la sicurezza europea, mentre Washington sembra più interessata a chiudere la partita il prima possibile.
Colloqui di Londra falliti: il rischio di una crisi senza ritorno
Il fallimento dei Colloqui di Londra rappresenta molto più di una semplice battuta d’arresto diplomatica: è il riflesso di una divisione atlantica che si fa via via più profonda con la proposta americana – sostenuta pubblicamente da Donald Trump – che si scontra con la linea inflessibile dell’Unione Europea e del Regno Unito che non intendono riconoscere in alcun modo l’occupazione russa.
Il tema resta sempre lo stesso: la Crimea – considerata da Kiev una terra illegalmente sottratta – mentre Mosca la descrive come parte integrante e storica del proprio territorio e a tal proposito l’Ucraina (spalleggiata da Polonia e Paesi Baltici) ha minacciato apertamente di boicottare ogni negoziato che non preveda il ritiro completo delle truppe russe.
La Germania – preoccupata per una possibile escalation – teme che un irrigidimento eccessivo possa innescare nuove ondate di instabilità mentre il viaggio di Witkoff a Mosca acuisce i sospetti su un dialogo parallelo tra Stati Uniti e Russia (che rischierebbe di escludere l’Europa dal tavolo) e con il fronte militare bloccato, oltre mezzo milione di vittime stimate, e con le economie europee sempre più affaticate, i Colloqui di Londra si trasformano così nello specchio delle contraddizioni occidentali: tra la realpolitik americana e il principio di sovranità difeso dall’Ue, la prospettiva di una guerra congelata sembra ogni giorno più concreta.