Donald Trump ha concretizzato il cessate il fuoco nella guerra Israele-Iran mediando con i rappresentanti dei paesi coinvolti, nel tentativo di porre fine ad un conflitto durato 12 giorni. Una tregua che da molti è stata definita già fragile, perchè nonostante le conferme di adesione, restano ancora incerti i risultati dell’operazione di smantellamento dei siti di sviluppo nucleare, supportata anche dagli Stati Uniti. Il Financial Times, ha analizzato le varie fasi dell’accordo, raggiunto in sole due ore, grazie ai colloqui telefonici tra le parti, con l’intervento diretto del primo ministro del Qatar, che dopo l’attacco iraniano alla base americana, ha collaborato per trovare una soluzione diplomatica al fine di mettere in sicurezza tutta la regione.
I documenti relativi ai negoziati siano rimasti riservati, ma fonti a conoscenza delle trattative, hanno confermato al giornale che il primo contatto telefonico è avvenuto tra Trump e lo Sceicco Tamim bin Hamad Al-Thani, che successivamente ha coordinato il dialogo con Israele e Iran fino al raggiungimento di una intesa. Questo sarebbe avvenuto dopo giorni di scambi di informazioni, diretti ed indiretti, tra Usa, Qatar e Oman, già impegnati a cercare di porre fine ai combattimenti che stavano rischiando di trascinare tutto Medio Oriente in un conflitto esteso.
Financial Times: “Ecco perché il cessate il fuoco mediato da Donald Trump nel conflitto Israele-Iran è una tregua fragile”
Secondo la versione del Financial Times, che ha raccolto le dichiarazioni di funzionari direttamente coinvolti nella mediazione del cessate il fuoco nella guerra Israele-Iran, a collaborare direttamente con Donald Trump per l’obiettivo di tregua sarebbe stato principalmente il Qatar, che aveva già manifestato nei giorni scorsi la volontà di arrivare ad un accordo diplomatico. Il quotidiano ha però specificato che le stesse parti coinvolte erano orientate al raggiungimento di un intesa attraverso colloqui, perchè, se da parte del governo israeliano erano arrivate dichiarazioni di soddisfazione per l’operazione americana che aveva contribuito al raggiungimento dell’obiettivo di danneggiare il sito nucleare di Fordow, dall’altra parte anche gli iraniani erano favorevoli alla fine dei combattimenti, a patto di fermare i pesanti bombardamenti su Teheran.

Il successo dello sforzo diplomatico però potrebbe durare poco, perchè non è ancora stata chiarita l’entità del danno, e soprattutto non è stata stabilita ancora l’ubicazione dei 400 chili di uranio arricchito in possesso dell’Iran, che potrebbe nel frattempo aver spostato la materia prima in previsione degli attacchi. Questo, riapre di fatto i dialoghi sul programma nucleare, con il rischio di un nuovo fallimento, viste le dichiarazioni già arrivate dal responsabile iraniano per l’energia atomica, Mohammad Eslami, che ha anticipato l’intenzione di collaborare a patto che il piano di attività atomica del regime possa continuare.