Cardinali, per lo più fuori dai giochi, che continuano a rilasciare interviste. Altri che si affidano a “spinte” molto mondane. Altri ancora che tacciono, evitano i giornalisti e tendono a scomparire. I porporati elettori entreranno nella Sistina il 7 maggio. Risuonerà l’“Extra omnes” e nessuno saprà più nulla fino a quando il nuovo successore di Pietro verrà annunciato al mondo.
Sul portale Crux, il vaticanista americano John L. Allen, riconosciuto tra i più autorevoli, sta facendo giorno dopo giorno un profilo ragionato dei cardinali che ritiene “papabili”. Sono comparsi Parolin, Zuppi, l’ungherese Erdő, il congolese Besungu, Pizzaballa, il francese Aveline e la serie non è finita.
In questa intervista abbiamo raccolto alcune osservazioni di Allen sull’elezione imminente, dalla sua possibile brevità – ma potrebbe anche diventare lunga – alla necessità di trovare un compromesso. Dopo Francesco, infatti, la Chiesa si presenta “sorprendentemente divisa al suo interno”.
Non è facile valutare l’eredità di papa Bergoglio. I cardinali ne stanno discutendo in queste ore.
Papa Francesco lascia dietro di sé un’eredità di grande attivismo geopolitico, soprattutto su questioni centrali come l’immigrazione, la guerra e il cambiamento climatico, e di grande attivismo pastorale, anche su questioni come la comunione ai cattolici divorziati e risposati civilmente e la benedizione delle persone in unione omosessuale. La prima è generalmente considerata positiva, anche dai cardinali che eleggeranno il prossimo Papa, mentre il secondo è molto più controverso.
Com’è la Chiesa che Papa Francesco lascia ai cardinali elettori e al suo successore?
Una Chiesa profondamente legata alle problematiche del momento e che ha suscitato interesse anche tra persone ostili o indifferenti ad alcuni dei suoi insegnamenti. Ma che è anche sorprendentemente divisa al suo interno.
Esiste un gruppo di cardinali più sensibili alle istanze di Francesco?
Alcuni cardinali sono ovviamente più “filo-Francesco” di altri, in termini di impegno verso l’intera portata della sua eredità, compresi i controversi elementi intra-ecclesiastici. È improbabile, tuttavia, che questi cardinali “francescani” al 100 per cento abbiano i numeri per eleggere un papa da soli. Vorrà dire che sarà necessario trovare una sorta di compromesso.
Questo conclave è arrivato tutto sommato in modo improvviso? Oppure qualcuno sta lavorando da tempo?
I cardinali sono ben consapevoli che l’elezione di un nuovo Papa è la scelta più importante che faranno, e sarebbe irresponsabile aspettare semplicemente che arrivi il momento e poi cercare di improvvisare. La maggior parte di loro ci sta pensando da tempo e alcuni ne hanno parlato tranquillamente con i colleghi cardinali. Questo non vuol dire che le decisioni siano già state prese, ma sarebbe ingenuo credere che i cardinali entrino nella Cappella Sistina come delle lavagne vuote e preghino che avvenga un qualche tipo di intervento divino.
Molti osservatori dicono che i cardinali non si conoscono. È vero?
È certamente vero che molti di questi cardinali, soprattutto i cosiddetti cardinali delle periferie, non si conoscono bene. È una realtà che potrebbe avere due conseguenze.
Quali?
Potrebbe significare o un conclave più lungo, perché il consenso richiederà più tempo per essere raggiunto, o uno molto breve, perché questi outsider seguiranno semplicemente la guida dei cardinali che percepiscono come meglio informati e con più contatti.
I cosiddetti cardinali “influencer”. Ad esempio?
Sospetto che la “preghiera” diffusa dal cardinale Ruini, per esempio, sarà studiata con attenzione da alcuni dei cardinali più conservatori. Ma diciamocelo: per la maggior parte del mondo, l’unica domanda che conta è chi sarà il prossimo Papa. Il modo in cui i cardinali ci arriveranno sarà per la gente un dettaglio.
La distinzione progressisti-conservatori è criticata da tutti, ma ricorre continuamente. Cosa ne pensi?
Come molti modi di analizzare i cardinali che prenderanno questa decisione, la divisione progressisti (liberal, nda)/conservatori è utile per certi versi e fuorviante per altri. In particolare, sinistra contro destra è un concetto fondamentalmente occidentale che non si applica perfettamente ai Paesi in via di sviluppo, dove è del tutto normale, ad esempio, essere molto “progressisti” su questioni di giustizia sociale – guerra, povertà, pena di morte, cambiamento climatico – ed estremamente “conservatori” su questioni etiche come aborto, omosessualità, divorzio e controllo delle nascite.
Te la senti di fare una previsione?
In questo conclave il mondo in via di sviluppo conterà più degli Stati Uniti, il che rappresenta una bella dose di umiltà per gli americani.
(Federico Ferraù)
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