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Home » Chiesa » Papa » Elezione Papa » CONCLAVE/ 1. “Ora i cardinali-influencer sono più decisivi dei papabili, ecco i temi chiave”

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CONCLAVE/ 1. “Ora i cardinali-influencer sono più decisivi dei papabili, ecco i temi chiave”

La Chiesa verso il conclave: i temi che potrebbero unire o dividere i cardinali elettori, i porporati che muovono i voti. Parla il vaticanista di "America"

Int. Gerard O’Connell
Pubblicato 28 Aprile 2025 - Aggiornato 30 Aprile 2025 ore 01:00
Cardinali in Vaticano

I Cardinali in Vaticano (ANSA-EPA 2025)

Le esequie di papa Francesco hanno proiettato definitivamente la Chiesa verso il prossimo conclave. Gerard O’Connell è corrispondente vaticano del magazine cattolico America e autore di The Election of Pope Francis: An Inside Story of the Conclave That Changed History, un informatissimo saggio sul conclave che nel 2013 elesse Jorge Mario Bergoglio.


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Con O’Connell abbiamo cercato di mettere a fuoco i temi che potrebbero unire o dividere i cardinali elettori, ma anche di individuare i porporati “influencers” capaci di aprire prospettive, aggregare consensi e spostare voti, superando per importanza, almeno in questa fase, i cosiddetti “papabili” nelle congregazioni generali che precedono l’ingresso nella Sistina.


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Un pontificato è stato appena consegnato alla storia. Misericordia, dialogo, fraternità, pace, cuore; c’è una parola che può definirlo più di altre, a tuo avviso?

Penso a due aspetti. Il primo è la grande apertura della Chiesa di Francesco al mondo contemporaneo. Il secondo, che secondo me sarà determinante per il futuro, è la sinodalità. Potrebbe dare forma alla Chiesa del futuro.

In che modo?

Se il successore segue la strada aperta da Francesco, la sinodalità potrebbe creare una diversa dinamica interna alla Chiesa, più all’insegna della corresponsabilità tra vescovi, preti, religiosi e laici. Ognuno potrebbe vedere accresciuto il proprio senso di appartenenza, sia pure con ruoli diversi.


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Da che cosa potrebbe dipendere il realizzarsi di questa aspirazione? 

Da quando il successore si sentirà immerso in questo modo di essere Chiesa.

Ma la sinodalità è stata anche un aspetto molto controverso, forse il più controverso di tutti all’interno della Chiesa. E se fosse un concetto a rischio?

Se non sbaglio i calcoli, hanno partecipato al Sinodo 50 o 60 cardinali, perciò quasi metà degli elettori che entreranno nella Sistina. E hanno approvato all’unanimità un documento finale dove è ben spiegato cos’è la sinodalità. Per questo mi sembrerebbe molto strano che l’impostazione di Francesco venisse lasciata cadere. La sinodalità è stata un lungo processo durato tre anni, ci sono aspetti che vanno discussi e completati, ma diversi cardinali di tutti i continenti con cui ho parlato vedono in esso il futuro della Chiesa.

Sono iniziate le congregazioni generali. Qualcuno osserva che i cardinali che partecipano a questo conclave non si conoscono. È così?

Non tutti si conoscono l’un l’altro, questo è vero. Per questa ragione più tardi comincerà il conclave, più tempo avranno per conoscersi. Ma va detto che almeno la metà dei cardinali elettori hanno partecipato a due sinodi, di conseguenza per quasi due mesi hanno lavorato insieme. Questo elemento va unito al fattore geografico. Tutti coloro che stanno nelle grandi conferenze episcopali – CELAM, FABC, conferenze episcopali africane – si conoscono a vicenda.

Andiamo oltre i cosiddetti “papabili”. Ci sono cardinali che per il loro carisma, la loro visione teologica o pastorale sono capaci di spostare il consenso?

Sì, ci sono e soprattutto nelle riunioni pre-conclave potrebbero avere un considerevole impatto sull’opinione degli altri. Schönborn (Austria), Gracias (India), Onaiyekan (Africa), Maradiaga (America latina) sono tutti cardinali kingmakers o “influencers” e non sono gli unici, anzi. Hanno l’autorevolezza per sollevare questioni importanti e godono di grande rispetto fra tutti i cardinali.

Quali sono gli aspetti della personalità e del magistero di Bergoglio che potrebbero compattare gli elettori e quelli che potrebbero dividerli? 

Papa Francesco è stato sempre convinto che “la realtà è più importante dell’idea” (Evangelii Gaudium), questo per lui ha significato stare vicino alla gente, guardare la realtà della vita dei singoli. Questa è stata una carta vincente ed è difficile interrompere questo approccio: saper parlare alla gente, capirla e farsi capire, per i cardinali sarà determinante.

Per quanto riguarda la sinodalità della Chiesa?

Alcuni cardinali in recenti interviste hanno detto che non sono d’accordo con Francesco. Del sinodo abbiamo parlato, l’altro aspetto rilevante è l’approccio all’Islam. Nessun papa nella storia ha saputo parlare all’islam come Francesco. Anche su questo ci sono dei disaccordi, ma va detto che lo stesso Giovanni Paolo II ha creato buoni ponti con l’Islam. Aggiungo che nei miei 80-90 viaggi con Francesco e i suoi predecessori ho potuto vedere che per moltissimi fedeli, non solo cattolici ma di tante altre religioni, il dialogo delle fedi è fondamentale. C’è dibattito su questo, lo so, ma è difficile immaginare una retromarcia.

Gli aspetti pastorali, come la benedizione delle persone LGBT?

Nettamente più discussi. Sono in molti a non condividere, va però detto che Francesco non ha mai cambiato la dottrina su questo, ma le ha affiancato la misericordia. Infatti chi pensa che il mondo sia bianco o nero difficilmente ha amato Francesco, che è riuscito a stare vicino a tante persone proprio perché è convinto che il mondo è fatto di sfumature.

La provenienza geografica?

È sicuramente un aspetto dibattuto. In molti vorrebbero il ritorno a un papa europeo, altri fanno notare che il papa dovrebbe essere espressione di quelle aree del mondo dove i cattolici sono la maggioranza. Ritengo che guarderanno alla persona più che alla geografia e ai numeri. In questo la capacità di comunicare potrebbe essere decisiva.

L’età?

Wojtyła venne eletto a 58 anni, quando morì ebbi modo di parlare con molti cardinali e nessuno voleva più un successore così giovane. Sono le stesse opinioni che ho raccolto prima del conclave che ha eletto Bergoglio.

Cosa pensi dei rapporti contrastati tra papa Francesco e una parte del cattolicesimo statunitense e delle possibili ripercussioni nel conclave?

È vero, Francesco negli Stati Uniti ha avuto importanti oppositori, soprattutto perché ogni forma di “culture war” non gli è mai piaciuta.  Ma è stata una minoranza illustre a contrastarlo, fatta di gerarchia ecclesiastica e cattolici dotati di buoni “megafoni”. Se invece stiamo ai sondaggi, la grande maggioranza dei cattolici praticanti era con lui. Quando nel 2015 parlò al Congresso, ricordo che fu molto apprezzato da politici democratici e politici repubblicani.

E oggi?

Il cardinale Sean Patrick O’Malley parla spagnolo perfettamente, ha ottimi rapporti con i cardinali sudamericani e nel 2013, a sorpresa, ebbe pure un certo consenso iniziale. Vicinissimo a Francesco, componente del C9, è sicuramente l’“influencer” più importante tra i cardinali del Nordamerica.

Tu hai conosciuto bene papa Francesco. Un tuo ricordo personale su tutti?

Quando era cardinale, nel 2012, e mia moglie Elisabetta era reporter a Gaza e gli israeliani bombardavano, mi chiamò da Buenos Aires, voleva avere notizie. “Dio la protegga”, mi disse. Ecco: Bergoglio era una persona che utilizzava la sua elephant memory per tenere presenti tantissimi singoli destini. E da papa non è cambiato, perché le stesse telefonate si sono ripetute quando Elisabetta è andata in Ucraina. Questa straordinaria attenzione per la vita della singola persona ha fatto di lui un vero “parroco del mondo”. E prima che fosse vescovo, a Buenos Aires parlavano di lui come un “little saint”. È stato un uomo di Dio. Il cardinale Re, in una recente intervista, lo ha definito un gigante della fede. Sono totalmente d’accordo.

(Federico Ferraù)

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Tags: ConclaveGiovanni Paolo IIPapa Francesco

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