Erano stati dati due mesi di tempo all’Inps per modificare il portale che non concedeva ai genitori dello stesso sesso di richiedere le indennità previste per la fruizione di congedi parentali. Il giudice del lavoro di Bergamo, Sergio Cassia, lo scorso gennaio ha stabilito in una sentenza che si trattava di “ingiustificata discriminazione a danno dei genitori dello stesso sesso”. Due mesi, dunque, per modificare l’accessibilità alle domande altrimenti l’istituto sarebbe stato multato con 100 euro per ogni giorno di ritardo, come stabilito ancora dal giudice.
L’ente, però, non ha rispettato la sentenza del giudice, non modificando “il sistema informatico di ricezione delle domande amministrative”, anzi: ha impugnato la sentenza, che è stata al momento sospesa dal giudice dell’appello. La prima udienza è ora prevista il prossimo giugno. Come fa sapere l’Inps, l’istituto avrebbe agito “conformemente al quadro normativo vigente”. Le famiglie composte da genitori dello stesso sesso, infatti, non sono giuridicamente riconosciute in Italia e non hanno gli stessi diritti alla filiazione delle coppie con due genitori di sesso diverso, come sottolinea La Verità.
Genitori dello stesso sesso in “condizione di evidente svantaggio”
Le coppie con genitori dello stesso sesso non possono “inserire i loro codici fiscali e ogni altro dato rilevante a prescindere dal loro sesso” per completare la domanda amministrativa e chiedere i congedi parentali, come sostiene il giudice. Al momento l’Inps ha deciso di non modificare il proprio portale: tutto passa in mano al giudice d’appello che sarà chiamato a decidere sulla questione, scegliendo se consentire o meno alle mamma e i papà di chiedere i congedi parentali.
In appello l’Inps si troverà di fronte alla Rete Lenford, avvocatura per i diritti Lgbt, che promosse l’azione collettiva a maggio 2023, in collaborazione con la Cgil nazionale. Il giudice Cassia, lo scorso gennaio aveva parlato di discriminazione nei confronti dei genitori dello stesso sesso che li poneva in una “condizione di evidente e significativo svantaggio”, non potendo fare domanda all’Inps. Più volte è stato chiesto all’Istituto previdenziale di aggiornare i sistemi informatici ma ciò non è avvenuto, come ha spiegato a gennaio Sandro Gallittu, responsabile dell’ufficio nuovi diritti e delle politiche per le famiglie e l’infanzia della Cgil.