Sempre più a rischio il Congresso Pd in Sicilia: cosa sta succedendo e da dove nasce lo scontro interno con le minoranze Dem sull'unico candidato Barbagallo
LA SPACCATURA NEL PD IN SICILIA PROSEGUE A CONGRESSO AVVIATO: L’ULTIMO SCONTRO SUL VOTO SENZA SCHEDA
Lo avevamo già raccontato negli scorsi giorni che non sarebbe stato un Congresso semplice per il Pd in Sicilia quello che si è aperto il 15 maggio e che si dovrebbe concludere il prossimo 8 giugno 2025: ma quanto avvenuto nello scontro degli scorsi giorni dal punto di vista politico si sta traducendo in una “battaglia” interna anche sul fronte delle regole stesse per le votazioni nei circoli Dem siciliani, tanto che ora il Congresso finale sembra sempre più a rischio.
Dopo una lunga fase di contrasti tra “minoranze” varie e la maggioranza del segretario uscente Anthony Barbagallo – fidato di Elly Schlein – alla fine si è arrivati alla presenza di un unico candidato, per l’appunto il leader uscente: questo ha generato non pochi malumori nella base del partito in Sicilia, specie dopo i pessimi risultati elettorali portati da Barbagallo alle ultime Regionali e Amministrative, oltre al basso dato del Pd in Sicilia con le Europee 2024.
Il gruppo dirigente, con riflessi inevitabili anche sui semplici elettori nei circoli Dem, stanno consumando una lotta fratricida interna sulle regole del voto al Congresso: in poche parole, al momento non esiste copia del provvedimento con cui è stato approvato il nuovo regolamento nei primi mesi del 2025 e che porta di fatto la presenza di votazioni senza alcuna scheda elettorale, sostituita dal “voto palese” dunque non segreto. Proprio questo aut-aut tra Barbagallo sì/Barbagallo No senza scrutinio segreto ha fatto alzare l’ira delle minoranze che denunciano la segreteria regionale di una ideologia forzatura.
MINORANZA VS SEGRETERIA: LA “GUERRA” NEL PD IN SICILIA SOMIGLIA MOLTO A QUELLA NAZIONALE…
Nello specifico, sono le correnti in Sicilia vicine a Orfini e Bonaccini (tra l’altro Presidente del Pd nazionale) a chiedere lo stop al Congresso e l’esclusione in Sicilia del contestassimo voto palese. I seggi nei singoli circoli sono però aperti dallo scorso 17 maggio 2025 ed per questo che lo scontro si fa più acceso che mai per evitare di arrivare a celebrare un Congresso con una o più scissioni all’interno del Pd siciliano.
Secondo il commissario nazionale per il Congresso in Sicilia, Nico Stump, gli iscritti al Pd possono fino al 1 giugno recarsi nei singoli circoli locali per dichiarare il voto davanti al Presidente e agli scrutatori di seggio (nello specifico possono votare a favore, astenersi o votare contro. Il punto è che manca qualsiasi segretezza sul voto e questo ha scatenato le ire delle minoranze che chiedono a Barbagallo – e dunque anche a Schlein – di fermare lo stillicidio politico che potrebbe emergere nei prossimi giorni.
Il deputato regionale in Sicilia Giovanni Burtone, storico esponente Dem, ha mandato una diffida formale al commissario Stump per bloccare l’intera delibera, garantendo a tutti «il diritto di voto segreto, anche nel decidere di non partecipare alla votazione». Di contro però, è il deputato dem Stump che per le rime replica – con una nota pubblicata oggi da “Live Sicilia” – sottolineando che è un atto dovuto quello di mettere in pratica gli esiti dell’Assemblea regionale dem del 27 gennaio scorso.
Ed è qui che si torna “a bomba” dato che proprio i pareri di quell’Assemblea mancano all’appello sui verbali, causando ben tre ricorsi presentati negli scorsi giorni da differenti rappresenti delle minoranze Pd: «la competenza a decidere sui ricorsi è in capo alla commissione regionale di garanzia della Sicilia», ha risposto la presidente della Commissione nazionale di garanzia Dem, Stefania Gasparini.
Le primarie negate e ora la votazione “palese” hanno portato gli oppositori di Barbagallo a muovere guerra (politica) totale contro questo Congresso che si svolge nella delicata vigilia delle Elezioni Comunali in Sicilia previste il 25-26 maggio prossimi. Non solo, con le spaccature nazionali sui dossier Riarmo UE e Referendum abrogativi (con la minoranza riformista che voterà sì solo a 2 dei 5 quesiti proposti da Landini e Schlein), lo scenario di unità interna al Partito Democratico rischia sempre più di prendere una piega da guerra interna senza molti precedenti.