A PARI ATTESA, PARI DELUSIONE: FINISCE PRIMA DEL TEMPO IL CONSIGLIO EUROPEO SU RIARMO E DIFESA
Cambiare tutto per non cambiare (per ora) quasi niente: si chiude prima del tempo il Consiglio Europeo avviato ieri a Bruxelles e che in teoria avrebbe dovuto continuare dibattiti e seminari anche fino a questo pomeriggio. Si chiude cambiando il nome del piano principale al centro delle discussioni – da ReArm Europe a “Readiness 2030” (ovvero dal “riarmo” alla “Prontezza” o “Pronti per il 2030”), e poco più: un Unione Europea molto poco unita per il momento, che tenta l’accelerazione per contare al tavolo internazionale durante i pre-negoziati sulla guerra in Ucraina, ma che per il momento è tremendamente in salita.
L’attesa era tanta, ma la delusione “conclamata” con la chiusura anticipata del summit, rende il Consiglio Europeo un’occasione iniziale per discutere di riarmo e difesa comune, ma con tanti, troppi ostacoli su modalità e finanziamento del maxi progetto di Von der Leyen da 800 miliardi di euro (o almeno virtuali, come li ha definito la Premier Giorgia Meloni). Nelle conclusioni, formalmente i 27 capi di Stato danno il via ai pilastri chiave del pacchetto “Prontezza 2030”, concordano sullo stop al Patto di Stabilità per i prossimi 5 anni per spese sulla difesa, aprono alla possibilità alla richiesta di prestiti da 150 miliardi di euro sempre per il riarmo e infine convalida i finanziamenti BEI.
Sull’Ucraina resta il piano sostegno (tranne l’Ungheria, che non firma questa parte delle conclusioni) in aiuti e armi, anche se il piano Kallas per stanziare ulteriori 40 miliardi di euro verso Kiev è stato bocciato dalla maggioranza del Consiglio UE: «saranno giorni decisivi per l’Europa», richiama Von der Leyen aprendo il summit europeo, dovendo però poi registrare le difficoltà specie sul fronte finanziamenti al piano di riarmo e difesa.
«Aumentiamo la prontezza di difesa dell’Europa entro i prossimi 5 anni», annunciano i leader UE nelle conclusioni finali dove si invita ad agire in maniera urgente a livello europeo per capire quali saranno le «opzioni di finanziamento» di tale piano strutturale che somiglia (sinistramente) al Next Generation EU durante la pandemia.
LE (POCHE) NOVITÀ E LE DISTANZE AD OGGI IN EUROPA: GIOVEDÌ MACRON RIPROVA A “RIUNIRE” L’UE IN FRANCIA
Lo scontro sugli eurobond resta dirimente, tra “frugali” (Olanda, Austria e Germania) e Paesi aperti alla spesa comune per non peggiorare il proprio deficit nazionale (Italia, Francia, Grecia e Spagna): ma dal Consiglio Europeo non è chiaro nemmeno quale tipo di aiuto verrà garantito ulteriormente all’Ucraina, anche se la prudenza operata dal Governo Meloni e da altri alleati in UE è concordato una dichiarazione di apertura agli sforzi degli Stati Uniti di Trump per i negoziati in corso con la Russia.
La vera roadmap è di fatto posticipata di qualche mese, quando il piano “Readiness 2030” verrà strutturato (e probabilmente modificato) in base a cosa uscirà dal summit NATO in Olanda a giugno in Olanda, con presente il leader repubblicano americano: lì si scoprirà quali saranno i nuovi parametri per le spese dell’Alleanza Atlantica, e di conseguenza se l’Europa dovrà dotarsi per la prima volta nella storia di uno strumento di difesa continentale a “sé stante”, con l’attivazione o meno della “clausola di salvaguardia” prevista a livello teorico dall’ex piano ReArm Europe.
Per il prossimo giovedì 27 marzo 2025 il Presidente francese Emmanuel Macron convoca nuovamente i leader europei in maniera informale a Parigi per concordare nuove svolte sugli aiuti all’Ucraina, confermando ulteriormente la “debolezza” di un Consiglio Europeo formale che invece non è riuscito a trovare la quadra in tal senso. La Francia punta nuovamente ad “intestarsi” la guida “militare” e “politica” dell’Unione, ma le risposte di Germania e Italia fanno intendere che le mire dell’Eliseo (in tandem con l’Inghilterra di Starmer) non sono al momento seguite al 100%, ad esclusione del fronte eurobond dove invece Meloni con Parigi e Spagna spinge per convincere Berlino ad accettare la linea del debito comune.
IL RILANCIO DI MELONI E LA “PRUDENZA” SU GUERRA E RIARMO
Difficile – come raccontavamo già ieri – la posizione che l’Italia di Meloni prova ad interpretare in un Consiglio Europeo, e in generale in un periodo geopolitico, così delicati: nel punto stampa tenuto ieri in conclusione del summit a Bruxelles, la Presidente del Consiglio ha ribadito una sostanziale equidistanza “positiva” sia con l’Europa che con gli Stati Uniti, ringraziando lo sforzo della Commissione per dotare l’UE di un futuro di difesa comune, così come i negoziati americani per far finire subito la guerra Ucraina-Russia. In tutto questo, con la spinta della Lega, il Governo non vuole siglare “assegni in bianco” alla Commissione Von der Leyen per impostare un welfare tutto orientato alla guerra e alla spesa militare nei prossimi anni.
«Servono strumenti comuni per la difesa», ha sottolineato la Premier Meloni dopo gli incontri tenuti ieri al Consiglio Europeo, in particolare tramite il contribuito di aziende e privati come richiede il modello Invest-EU, in modo da non «gravare direttamente sul debito degli Stati membri UE», seguendo la linea del Ministro dell’Economia Giorgetti. La proposta italiana è stata inserita nel piano di investimenti citato nelle conclusioni del Consiglio UE, ma il percorso è ancora lungo per arrivare a definire un vero cronoprogramma in merito.
Tanto sui dazi USA e le risposte eventuali europee, quanto appunto per il riarmo, nel faccia a faccia con Von der Leyen la Presidente del Consiglio ha predicato “prudenza”, provando a smorzare i toni di uno scontro a distanza sia con gli USA che con gli altri Paesi europei. Il piano dal Consiglio UE in poi è ancora nettamente in salita, specie perché l’Unione Europea rischia di risultare divisa su quasi tutto.
Consiglio europeo, il mio punto stampa di poco fa. pic.twitter.com/tCJPrp56IN
— Giorgia Meloni (@GiorgiaMeloni) March 20, 2025