A Chi l’ha visto prosegue l’inchiesta sul Coronavirus e sull’ospedale di Alzano Lombardo, a partire da ciò che accadde il 23 febbraio, quando cioè iniziarono a comparire i primi casi di Covid-19. Il direttore sanitario comprende sin da subito la gravità della situazione. Di fronte a tale emergenza i medici arrivano ad una decisione, anche alla luce dei tanti degenti con polmoniti sospette mai sottoposti a tampone: chiudere il pronto soccorso e impedire l’ingresso negli altri reparti. “Trasformiamo il Pesenti-Fenaroli in un lazzaretto”, viene detto, come riporta un articolo del Corriere della Sera. Quando i dati degli esiti del tampone divennero ufficiali, i nome dei due pazienti positivi vennero inseriti in “modalità immediata” nel Mainf, il programma “gestionale regionale”, la banca dati lombarda delle malattie infettive. Dopo la segnalazione però nessuno dei familiari delle persone ricoverate al Alzano sarebbe stato contattato o sottoposto al tampone né messo in quarantena. Intanto all’interno del nosocomio va in scena uno scontro: mentre il direttore sanitario Roberto Cosentina sembra d’accordo con i suoi medici per la chiusura, a non esserlo è invece il suo superiore Locati che ha avuto l’ordine dall’alto di riaprire subito per non lasciare sguarnito un presidio sul territorio (questo, almeno, secondo la spiegazione ufficiale). L’ospedale di Codogno, ricordiamo, fu chiuso dopo un solo caso positivo.
CORONAVIRUS, CASO OSPEDALE ALZANO: INCHIESTE IN ATTO
Prima di rientrane nell’ospedale di Alzano Lombardo, sono gli stessi infermieri a chiedere di poter essere sottoposti al test ottenendo però una risposta negativa per mancanza di tamponi. Tra gli altri problemi che emergono dal nosocomio anche il modo in cui fu eseguita la sanificazione dei locali. “L’abbiamo fatta passando asciugamani e stracci”, avrebbero raccontato alcuni infermieri dell’ospedale che hanno chiesto di restare anonimi. Molto differente ciò che invece accadde a Codogno, dove il compito di sanificare gli ambienti fu affidato ad una ditta esterna tramite robot. Ad esprimersi in queste ore sul caso di Alzano è stato anche il senatore del MoVimento 5 Stelle lombardo Danilo Toninelli. In una nota riportata da Askanews, ha fatto sapere: “Capisco che la Lega tema inchieste sul pessimo operato della Regione Lombardia, perché, a differenza dei dispositivi di protezione individuale, che sono stati mandati dalla Protezione Civile e che comunque la Regione avrebbe dovuto avere come previsto dal piano pandemico nazionale, su quanto deciso per il Bergamasco qualcuno deve delle risposte chiare”. Per Toninelli, dunque, le inchieste su quando accaduto dopo il 23 febbraio ad Alzano sono sacrosante. “E’ un problema se la procura di Bergamo sta cercando di capire come mai il 23 febbraio dopo la riunione convocata per la scoperta dei primi casi Covid si sarebbe deciso di tenere aperto l’ospedale di Alzano? Se è vero che avvenne dopo una chiamata del direttore generale dell’assessorato al Welfare Cajazzo? Se tutto ciò che è accaduto nel Bergamasco si sarebbe potuto evitare?”, si domanda il senatore che auspica nel proseguimento delle indagini al fine di far emergere la verità e le eventuali responsabilità.