Il coronavirus sta destabilizzando il mondo intero. Ha sconvolto le vite di chi in Cina vive e lavora e l’impatto sull’economia è un’incognita mondiale. Lui è B.M. (iniziali di fantasia), vive a Shanghai. Abita in Cina da quasi vent’anni, ora è in quarantena volontaria, dopo essere tornato con un volo Shanghai-Mosca-Monaco in Europa e con un bus da Monaco in Italia (non diremo la città per questioni di privacy).
Allora B.M., cosa si provava ad essere in Cina durante quest’emergenza coronavirus?
Le sensazione era di stranezza. Una megalopoli vuota. Lavoravo da casa, via chat.
Da quanto eri costretto al telelavoro?
Dal 25 gennaio. Cioè da quando la situazione è precipitata. L’azienda per cui lavoro mi aveva anche prenotato il volo per rientrare in Italia il 22 febbraio, ma ho deciso di anticipare.
Non ti sentivi sicuro?
Lo scenario è spettrale. Uscivo solamente per comprare da mangiare, con la mascherina. Città deserta.
Ma in Cina cosa si dice? I dati sull’emergenza coronavirus sono considerati credibili?
In realtà no. Molti colleghi ed amici cinesi ai dati non hanno mai creduto più di tanto. Certo parlare apertamente è complicato.
I video che circolano?
Ad oggi non sappiamo con certezza quali sono falsi e quali veri. In Cina sono molti gli account chiusi e il controllo è capillare.
Cosa si dice del coronavirus?
Circolano tre ipotesi. La prima è che il coronavirus sia stato creato per destabilizzare Xi dall’interno del Partito, diviso tra conservatori e riformisti. A molti non è chiaro cosa sia successo in Cina dal 2014. La seconda ipotesi è che il virus sia stato creato dagli Usa per destabilizzare il paese. In terza battuta si pensa che sia una fatalità legata appunto al mercato del pesce.
E la censura gioca un ruolo fondamentale?
Assolutamente sì. Dal 26 gennaio è in vigore una legge che punisce con il carcere chiunque divulghi notizie “non ufficiali” cioè non governative. Inoltre i cittadini cinesi sono molto più controllati, per così dire, elettronicamente.
In che senso controllati?
Nel senso che ormai tutte le transazioni, dal supermercato al ristorante, al cinema, eccetera avvengono via wechat. Poi c’è il sistema del credito sociale che sta venendo implementato. Da quello che ho capito è un credito in punti che sale o diminuisce a seconda di quanto la persona è affidabile nel pagare i creditori, ma si estende a quello che uno fa, dice online, addirittura compra: sono anni che il servizio dei corrieri in Cina viene votato dai clienti e ci sono multe nel caso di più di un reclamo, e immagino anche provvedimenti quando il punteggio scende. Ricordate quella puntata di Black Mirror in cui la reputazione online era fondamentale nel quotidiano? In Cina la direzione è questa e proprio quest’anno il sistema verra esteso a tutte le città. Un punteggio basso può cambiare la tua vita: niente crediti, niente treni superveloci, niente vacanza all’estero, e via dicendo. Il “credito statale” si estenderà a tutti gli aspetti della vita personale. Ovviamente sono esclusi i cittadini stranieri, anche se è stata aggiornata la politica sui visti e anche gli stranieri vengono catalogati in base a livello di studio, ruolo lavorativo e vari altri fattori in A, B, C, dove “A” è il valore più alto. I cittadini cinesi però, sono catalogati anche in base a cosa comprano, a cosa guardano on line – il porno è illegale e vengono date multe salate – fino al commento sui social.
Un Grande Fratello sconosciuto in Occidente.
(B.M. non risponde)
Il tuo viaggio come è stato? Hai avuto paura di non tornare?
In realtà avevo sopratutto paura di prendermi il virus in aeroporto o sull’aereo, ma non dai cinesi, che indossavano tutti le mascherine, ma da alcuni stranieri che sottovalutano il problema fidandosi dei dati estremamente bassi snocciolati dal governo. Sono riuscito ad arrivare tramite uno scalo a Mosca.
Controlli?
In Cina tre volte prima di salire in aereo. A Mosca ancora. Il personale dell’aereo spesso non aveva la mascherina, cosi anche molti stranieri, i cinesi invece la indossavano tutti. A Monaco praticamente nulla, ovviamente neanche in bus, con il quale sono tornato in Italia.
Ora sei in quarantena in ospedale?
No, a casa. Domenica non mi sono sentito bene e il giorno dopo ho avvisato i sanitari. Mi hanno ricoverato, prelevandomi con le apposite tute e fatto tutti i test (tre e tutti negativi). Poi sono tornato a casa in un paio di giorni ed ora devo rimanere 14 giorni in quarantena.
Ti annoi?
Lavoro da casa.
Pensi ti tornare in Cina?
Credo e mi auguro che tutto questo si concluda a giugno. Io ho in progetto di tornare, magari a settembre, ovviamente se la situazione non degenera.
Secondo te tutto tornerà come prima?
A mio parere no. Il colpo per Pechino è stato molto duro. Molti torneranno, tanti altri non credo. Inoltre molte aziende non riapriranno. Del resto in Cina si respirava un’aria diversa già dal 2014, una tensione che lasciava ipotizzare che il sogno cinese stesse finendo.
Intendi il sogno di una Cina potenza egemone?
Forse… In parte dipende da come si concluderà questa storia e se i dati erano veritieri. Certo il sistema deve cambiare, ci sono parecchi problemi irrisolti.
(A molte domande B.M. non risponde, forse perché ancora scosso. In realtà la censura in vigore nel paese è assai temuta, quindi sono molte le persone che non dicono esplicitamente o dichiarano ciò che succede in questo periodo in Cina.)
Marco Pugliese
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