L’emergenza Coronavirus che ha bloccato il mondo dello sport ha creato qualche problema ad alcuni atleti, che si sono visti spostare le Olimpiadi di Tokyo al prossimo anno. Ne avevamo parlato qualche tempo fa: Federica Pellegrini per esempio darà l’addio al nuoto dopo i Giochi e lo slittamento di 12 mesi la “costringe” a proseguire, discorso diverso per Roger Federer che avrebbe continuato a giocare ma che dovrà inseguire l’oro, unico titolo che gli sia sfuggito in carriera, quando avrà 40 anni (o quasi) e altre fatiche sulle spalle. Chi non ha preso bene il Coronavirus e il rinvio delle Olimpiadi è stato Andrew Bogut: intervistato da una televisione locale, il centro australiano è stato molto sincero nel dire che la sua volontà sarebbe stata quella di ritirarsi dopo i Giochi, e che ora si trova abbastanza in difficoltà. “Egoisticamente mi piacerebbe far parte della nazionale che andrà a Tokyo, ma è il mio corpo a decidere”.
Qual è il punto? Innanzitutto diciamo che Bogut ha ammesso che in quest’epoca di lockdown per Coronavirus sta facendo poco, e che “posso giocare una partita in un qualunque momento, ma allenarsi 5/6 giorni a settimana, sollevare pesi e poi scendere in campo è complicato”. Ecco: Bogut ha 35 anni, dopo una onorevolissima carriera in NBA è tornato in patria per diventare MVP del campionato con i Sydney Kings, e nel corso degli anni è sempre stato bersagliato dagli infortuni. Ha iniziato a Milwaukee, dove è stato per 7 stagioni; da qui a Golden State, partecipando alla transizione che da Mark Jackson a Steve Kerr ha portato gli Warriors a dominare la Lega e lui personalmente ha vinto il titolo nel 2015 per poi essere parte del roster che ha segnato il record di 73-9 in regular season, perdendo però la finale contro Cleveland. Poi due brevi passaggi a Dallas e proprio ai Cavs con LeBron James, quindi i Los Angeles Lakers con i quali ha firmato a stagione in corso giocando poco. Gli Warriors lo hanno richiamato nel 2019 per i playoff, ma è arrivato il ko subito da Toronto.
CORONAVIRUS OLIMPIADI, BOGUT VUOLE ESSERCI
Straordinario difensore, Bogut è uno di quei giocatori che sanno dominare una partita senza segnare 20 o più punti: la carriera NBA ci dice che in media ne ha avuti 9,6 ma con 1,5 stoppate e 8,7 rimbalzi. Decisivo negli intangibles, ovvero le giocate che non vanno a statistica, l’australiano è un clamoroso “rim protector” e sa vedere il gioco come pochi, tanto da poter essere una sorta di playmaker aggiunto. Con la sua nazionale ha partecipato alla straordinaria cavalcata dei Mondiali che si è fermata solo di fronte alla Spagna, e che poi i Boomers hanno chiuso al quarto posto; aver centrato la semifinale ha significato anche qualificarsi direttamente per le Olimpiadi, e ora non solo Bogut ma anche tutto il popolo della nazione oceanica è convinto che a Tokyo si presenterà il roster più forte di sempre, pronto a rivaleggiare con gli Stati Uniti che, dopo il flop della scorsa estate, torneranno a schierare i migliori giocatori.
Al gruppo già strepitoso che comprendeva elementi come Patty Mills, Joe Ingles, Matt Dellavedova e appunto Bogut, l’Australia può aggiungere Ben Simmons: prima scelta assoluta al draft, insieme a Joel Embiid è il grande trascinatore di Philadelphia che con loro due è tornata a sognare in grande stile. Un playmaker moderno, spesso e volentieri accostato a Magic Johnson e LeBron James, deve migliorare il tiro da fuori (solo quest’anno ha segnato la prima tripla nella carriera NBA, incredibile ma vero per un esterno) ma in ambito internazionale può essere dominante. Ai Mondiali aveva scelto lui stesso di non partecipare, per essere pronto alla seguente stagione nella Lega americana; chiaro però che le Olimpiadi siano un appuntamento che nemmeno lui vuole perdersi, e per i Boomers dopo la semifinale del 2016 potrebbe arrivare la prima medaglia di sempre ai Giochi. Ci spera anche Bogut, e anche noi facciamo il tifo per lui perché lo meriterebbe davvero.