Bisogna rivedere i mandati di arresto di Benyamin Netanyahu e Yoav Gallant, ma restano comunque validi e non vanno sospesi. Lo ha deciso la Corte d’Appello della Corte penale internazionale dell’Aja, secondo cui va riesaminata la questione della competenza giurisdizionale sollevata nel ricorso del primo ministro israeliano e dell’ex ministro della Difesa.
Questa l’unica buona notizia per Israele, la cui vittoria su questo ricorso è parziale, visto che aveva maggior peso quello riguardante la sospensione dei due mandati di arresto, che invece è stato respinto. Quindi, sono ancora validi e vincolanti per tutti gli Stati che hanno firmato lo Statuto di Roma.
Ora i giudici di primo grado dovranno stabilire se la CPI ha giurisdizione sul caso, visto che Israele non è tra i Paesi che hanno firmato lo Statuto di Roma, di fatto la base legale dell’attività della CPI.
“NESSUN OBBLIGO DI NUOVA NOTIFICA”
I mandati di arresto erano stati spiccati nel novembre 2024 con l’accusa di crimini contro l’umanità e crimini di guerra nei confronti di Netanyahu e Gallant in relazione alla guerra a Gaza, ma Israele ne aveva chiesto la sospensione, presentando ricorso. Da un lato Israele sostiene che l’Ufficio del Procuratore avrebbe dovuto emettere una nuova notifica ai sensi dell’articolo 18 dello Statuto, in quanto l’indagine successiva al 7 ottobre 2023 differiva sostanzialmente da quella avviata nel 2021.
I giudici però hanno respinto tale ricorso, ritenendo che la decisione della Camera Preliminare non fosse appellabile ai sensi dell’articolo 82(1)(a) dello Statuto. La Camera preliminare ha concluso che, in assenza di una “nuova situazione” o di “un’indagine con nuovi parametri di definizione“, il Procuratore non aveva l’obbligo di fornire una nuova notifica e di fornire un nuovo termine di un mese agli Stati per richiedere il rinvio al ricevimento della notifica.
Come spiegato in parole più semplici da Opinio Juris, “solo una decisione sull’ammissibilità di un caso specifico che coinvolge un determinato indagato giustifica un appello diretto alla Camera d’Appello” ai sensi dell’articolo sopracitato, che riguarda invece un’indagine nel suo complesso. “Se Israele non vuole che questi procedimenti vadano avanti, non deve far altro che condurre delle vere e proprie indagini su di loro per una condotta sostanzialmente identica“, spiegano gli esperti.
IL REBUS DELLA COMPETENZA GIURISDIZIONALE
Ma Israele ha sollevato anche la questione della competenza giurisdizionale. Israele sosteneva che, poiché i termini degli accordi di Oslo firmati con i palestinesi negano esplicitamente a qualsiasi entità palestinese la giurisdizione legale sui cittadini israeliani, l’Autorità palestinese non ha mai avuto il diritto di delegare la giurisdizione alla CPI. Quando la CPI ha annunciato un’indagine su Israele nel 2021, Israele ha sollevato la questione e la corte ha stabilito che avrebbe deciso su “ulteriori questioni di giurisdizione” solo se e quando il procuratore avesse presentato richieste di mandati di arresto per gli israeliani.
Quando si è pronunciata sulla richiesta dei mandati d’arresto per Netanyahu e Gallant, la Camera preliminare del tribunale ha affermato che era troppo presto per prendere in considerazione tali argomenti, ma la Camera d’Appello ha stabilito giovedì che quella preliminare aveva l’obbligo di considerare la sfida giurisdizionale da parte di Israele, sottolineando che la sentenza del 2021 aveva detto esplicitamente che “le questioni relative all’impatto degli Accordi di Oslo sulla giurisdizione della Corte ‘possono essere sollevate dagli Stati interessati…’ in una fase successiva“.
La Camera d’Appello ha aggiunto che la Camera bassa ha quindi “commesso un errore di diritto” non avendo trattato in modo sufficiente le argomentazioni di Israele sul suo diritto a contestare la giurisdizione della Corte. Per questo motivo ha ordinato ai giudici di primo grado di riesaminare la questione della giurisdizione.
“VITTORIA PARZIALE PER NETANYAHU E GALLANT”
La CPI continua a sostenere la validità dei mandati, e gli Stati parte dello Statuto di Roma sono obbligati a collaborare con la Corte nell’esecuzione degli stessi. Infatti, i due mandati d’arresto sono ancora validi e l’obbligo di eseguirli è ancora vincolante. Per questo la decisione può essere considerata una vittoria parziale per Israele, visto che puntava alla sospensione dei due mandati d’arresto.