Con la dicitura “esodo giuliano dalmata”, conosciuto anche come esodo istriano, ci si riferisce all’emigrazione forzata dei cittadini di nazionalità e lingua italiana, che furono costretti a lasciare le proprie case nei territori della Venezia Giulia e dalla Dalmazia. Un numero importante di italiani o di persone di nazionalità mista furono costretta a lasciare quella terra dal 1943 in poi, per circa un decennio. I giuliani costretti, ovvero le persone che vivevano in quel lembo di terra, ma anche gli istriani e i fiumani così come i dalmati costretti ad emigrare in quel decennio di sofferenze e vessazioni, sarebbero stati tra 250.000 e 350.000.
Il fenomeno fu successivo all’insediarsi del nuovo governo jugoslavo comunista di Josip Broz Tito, che costrinse tutti coloro che diffidavano appunto delle sue politiche ad emigrare. Tale fenomeno coinvolse gli abitanti italiani di tutti quei territori precedentemente appartenuti proprio alla penisola, ma ceduti alla Jugoslavia con il trattato di Parigi del 1947. Così come i massacri delle foibe, anche l’esodo giuliano dalmata viene ricordato il 10 febbraio, nel cosiddetto Giorno del Ricordo.
Esodo giuliano dalmata: più di dieci anni di emigrazione
L’esodo giuliano dalmata durò più di dieci anni. Ebbe inizio, infatti, all’incirca nel 1943 e durò almeno fino al 1956. Dalla provincia di Zara, nell’attuale Croazia, partirono circa il 70% degli abitanti, a seguito dei bombardamenti del 1943 e 1944. In seguito all’insediamento in città delle truppe jugoslave nell’ottobre 1944, il fenomeno si intensificò maggiormente. Da Fiume, invece, le migrazioni iniziarono nel 1945 e terminarono nel 1946, portando circa 36.000 fiumani a lasciare le proprie terre. Da Pola, invece, gli italiani andarono via tra i 1946 e il 1947.
Altre zone del Venezia Giulia, invece, videro migrazioni anche molto più tardive che si svolsero fino alla metà degli anni Cinquanta. Tutti coloro che a causa del governo jugoslavo comunista di Tito furono costretti a lasciare le proprie case perché italiani di origine o di lingua, vengono ricordati il 10 febbraio, nel Giorno del ricordo, che ripercorre ogni anno anche i massacri delle foibe. La giornata in memoria delle vittime e degli emigrati fu istituita nel 2004.