Lo storico covo delle Br di via Gradoli 96, a Roma, usato anche nei giorni del sequestro e del delitto di Aldo Moro (e nel 1981 anche dai Nar, ndr), apparteneva, per quanto concerne la maggior parte degli alloggi presenti a quel civico, a società o persone riconducibili ai servizi segreti. Un retroscena emerso da un’inchiesta condotto dalla Procura generale nell’ambito della strage di Bologna del 2 agosto 1980 e che vede come imputato numero uno Paolo Bellini, con un tentativo di approfondire anche il ruolo dei mandanti e di chi organizzò quel terribile attentato, fra cui Federico Umberto D’Amato e Licio Gelli.
La notizia ha trovato spazio anche sulle colonne de “Il Fatto Quotidiano”, dove però viene riportata la testimonianza dell’ex brigatista Adriana Faranda, condannata per l’omicidio Aldo Moro. Nella sua deposizione di fronte ai magistrati, la donna ha riferito che si tratta unicamente di una coincidenza, negando qualsiasi collegamento tra l’organizzazione a cui apparteneva e i servizi segreti: “Non ero a conoscenza del fatto che in via Gradoli ci fossero appartamenti riconducibili ai servizi segreti e non ho mai neanche avuto il sospetto che ci fossero contatti tra i brigatisti e i servizi”, ha dichiarato la diretta interessata.
COVO BR E SERVIZI SEGRETI: QUALE LEGAME? ADRIANA FARANDA PARLA DI “COINCIDENZE”
Sarebbe dunque solamente una casualità il fatto che il covo delle Br nella Capitale fosse in qualche modo collegato ai servizi segreti. Eppure, la donna fu arrestata nel 1979 assieme a Giuliana Conforto, figlia della spia del Kgb Giorgio. “Il Fatto Quotidiano” sottolinea che il sostituto procuratore generale, dottor Umberto Palma, ha evidenziato che Conforto faceva il doppio gioco Usa-Italia e l’avvocato della figlia Giuliana, Alfonso Cascone, era un agente del Ministero dell’Interno, confidente di Federico Umberto D’Amato, menzionato poche righe fa in riferimento all’attentato dell’Ottanta in landa felsinea.
Ancora una volta, Adriana Faranda ha sottolineato come si tratti di coincidenze, proprio come quella successivamente analizzata: l’edificio di via Massimi 91, a Roma, dove si rifugiò il brigatista Prospero Gallinari, ospitava secondo i pg “il cardinal Egidio Vagnozzi, che aveva contatti nei servizi e con Giorgio Di Nunzio (legato a Gelli, ndr)“.