Fin da subito, la scorsa settimana, il decreto Sostegni-ter aveva lasciato qualche dubbio (lo scrivevamo su queste pagine). Nonostante le frequenti assicurazioni giunte dal Governo, quel miliardo e mezzo scarso stanziato per commercio, moda, trasporti e turismo, con già in partenza 500-600 milioni preassegnati alle amministrazioni locali, era sembrato ridicolo. Adesso, dopo aver capito bene, esaminate tutte le voci del dl, confrontate le situazioni, le rappresentanze del mondo del turismo (TO, ASTOI Confindustria Viaggi, Aidit Federturismo Confindustria, Assoviaggi Confesercenti, Fiavet Confcommercio e Maavi Conflavoro) sono arrivate a un giudizio unanime: il Sostegni-ter è “l’ennesimo duro colpo inferto al settore. Questo Governo ha dimostrato ancora una volta la totale indifferenza verso il turismo organizzato, noncurante dei pesanti effetti economici generati dalle decisioni assunte”.
Punto primo: gli ammortizzatori sociali. “La richiesta ribadita più volte era di prorogare la cassa Covid, mentre il Governo ha scelto di mettere a disposizione delle imprese in crisi gli strumenti ordinari che sono stati oggetto di riforma, con la sola esenzione sul contributo addizionale a carico dei datori di lavoro. Si tratta di una soluzione del tutto inadeguata, in quanto gli ammortizzatori ordinari prevedono normalmente un’anticipazione del salario da parte dei datori di lavoro e le imprese, in fortissima crisi di liquidità, non sono minimamente in grado di fare fronte a tali esborsi. Per ottenere il pagamento diretto da parte di Inps, le aziende dovranno produrre una serie di documenti che invece, per la cassa Covid, non dovevano produrre per dimostrare la palese e oggettiva crisi finanziaria in corso. Le procedure legate agli ammortizzatori ordinari previsti dal decreto sono quindi molto più lunghe e complesse di quelle della cassa Covid e le imprese e i lavoratori del turismo organizzato – che hanno già esaurito la fruizione dei periodi concessi al 31 dicembre 2021 – non possono più permettersi di attendere tempi lunghi e incerti. Le aziende saranno quindi costrette a licenziare a breve migliaia di lavoratori”.
Punto secondo: i sostegni economici. “L’incremento del Fondo Unico per il turismo da 120 a 220 milioni risulta del tutto irrisorio, vista l’ampia platea di beneficiari a cui è rivolto lo strumento (strutture ricettive, agenzie di animazione, guide e accompagnatori turistici, imprese di trasporto turistico, agenzie di viaggio, tour operator). Per l’ennesima volta è necessario rammentare al Governo che Tour Operator e Agenzie di Viaggi sono aziende ancora ferme per via di un decreto – risalente a marzo 2020 – che impone il divieto di spostamento per motivi di turismo verso molti Paesi esteri. A fronte di tale divieto era atteso un indennizzo specifico che le nostre Associazioni avevano stimato in almeno 500 milioni di euro per i danni subiti nel 2021, non ancora ristorati da alcun provvedimento.
Punto terzo: i finanziamenti. Il mancato prolungamento della moratoria su finanziamenti, mutui e prestiti, inoltre, sta già lasciando caduti sul campo e molte di più saranno le imprese che subiranno pesanti conseguenze fino alla definitiva chiusura se non si interverrà in modo mirato sul settore. Vale la pena ricordare – continuano le associazioni di categoria – che il comparto conta 13.000 imprese che nel 2019 fatturavano 13,3 miliardi di euro. Nel 2020 il fatturato è sceso a 3,1 miliardi, con una perdita del 76,69%, mentre nel 2021 si è attestato intorno a 2,5 miliardi, facendo registrare una perdita ancora più significativa rispetto al 2019 (81,20%).
Le conclusioni. Secondo le rappresentanze ,”a questo punto è indispensabile addivenire quanto prima ad uno scostamento di bilancio, poiché non è accettabile che imprese che hanno perso oltre l’80% del proprio fatturato possano essere sostenute con pochi spiccioli e, per di più, danneggiate da nuove norme sugli ammortizzatori sociali che non considerano minimamente le relative esigenze specifiche. In aggiunta, alle aziende ancora non viene nemmeno data la possibilità di lavorare per cercare di tamponare lo stato di crisi in cui versano, per via di decreti datati e senza senso che rimangono ancora in vigore, nonostante il diverso approccio degli altri Paesi europei e dell’Europa stessa sui viaggi. Qualora non vi fosse l’intenzione di sostenere questo importante segmento dell’economia, il Governo esca allo scoperto, si assuma le proprie responsabilità ed ammetta una volta per tutte la precisa volontà di decretare la morte di un settore rispetto al quale non nutre alcun interesse”.
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