Sono giorni particolari per la vita della Chiesa: da un lato il Santo Padre continua a essere ricoverato in ospedale, e questo non può che essere motivo d’attenzione per tutta la comunità ecclesiale, dall’altro si è entrati lo scorso mercoledì 5 marzo in Quaresima (il 9 marzo per i fedeli di rito ambrosiano).
Insieme a queste due particolari circostanze se ne aggiunge un’altra, sempre presente nella vita e nella storia della Chiesa, che è quella delle persecuzioni, l’ultima delle quali avvenuta proprio il Mercoledì delle Ceneri. Il 5 marzo, infatti, è stato ucciso padre Sylvester Okechukwu, sacerdote ordinato nel 2021, parroco della sua comunità, precedentemente rapito dai suoi assassini in Nigeria. Prima di lui erano stati rapiti un sacerdote e un seminarista nello stato nigeriano di Edo, mentre, prima ancora, sono stati rapiti altri due sacerdoti nella diocesi di Yola, sempre in Nigeria: di questi ultimi quattro non si sa ancora nulla e sono ancora in corso le operazioni per liberarli.
In Africa continuano a fiorire vocazioni e conversioni nonostante il continente sia alle prese con un’atroce persecuzione, in particolare in zone come la Nigeria, che è in balìa di violenze perpetrate da bande criminali, banditi e combattimenti tra diverse fazioni islamiste come l’Izala Society, Boko Haram, la Provincia dello Stato Islamico dell’Africa Occidentale (Iswap) e altri gruppi ancora.
Come se non bastasse il sangue sparso nel suolo della Nigeria, che ne è ormai completamente imbevuto, prima dell’uccisione del parroco Sylvester Okechukwu sono stati uccisi oltre 70 cristiani nella Repubblica democratica del Congo all’interno della chiesa: più di 100 persone sono state prese in ostaggio e la maggior parte di esse è stata decapitata dall’Allied democratic forces (Adf), un gruppo terroristico islamista ugandese.
Più a Est invece, in Myanmar, il 18 febbraio è stato ucciso un altro sacerdote cattolico, Padre Donald Martin Ye Naing Win. Dalle testimonianze raccolte il capo di una banda criminale di dieci membri, arrivato al cospetto del sacerdote «ha intimato al prete di inginocchiarsi. Don Donald, persona di fede e carità, li ha osservati e, mantenendo la mitezza e la pace interiore che lo contraddistingue, da uomo e presbitero di retta coscienza, ha risposto pacificamente: “Mi inginocchio soltanto davanti a Dio”. E poi ha ripreso con dolcezza: “Cosa posso fare per voi? C’è una questione di cui possiamo parlare?”. Alle sue parole, uno degli uomini della banda lo ha colpito alle spalle con un pugnale ancora nel suo fodero.
Ma, nel brandire quell’arma ha inavvertitamente colpito anche il capo del gruppo armato. Questi, già in stato di ebbrezza e in preda alla rabbia, derivante anche dalla risposta di don Donald, ha sguainato un coltello e ha cominciato a infierire sul sacerdote, colpendolo ripetutamente e con brutalità al corpo e alla gola. Donald non ha proferito una parola né un lamento. Ha subito quella violenza insensata senza reagire, da innocente, “come un agnello al macello» (Fides).
In questo periodo di sangue e di attesa tornano dunque potenti le parole iniziali del rito quaresimale: “Ricordati che sei polvere e polvere ritornerai”. Ci sarebbe di che tremare se non fosse che l’ultima parola, nella Quaresima così come nella Storia dell’uomo e del mondo, non è la cenere, ma Cristo vivente risorto dai morti, per tutti, anche per chi per Lui ha dato la vita: “Oggi con me sarai nel Paradiso” (Lc 23,43).
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