Dov’è finita l’emergenza alimentare? La domanda stessa lascia intendere come l’attenzione generale su questo problema, molto intensa nei giorni caldi dell’impennata dei prezzi agricoli, si sia improvvisamente allentata, quasi che non esistesse più o, quanto meno, fosse avviata a soluzione. A complicare terribilmente le cose è arrivata la bufera finanziaria mondiale che ha attirato attenzioni infinitamente maggiori. I pur mutevoli interessi dei media e dell’opinione pubblica sono ora concentrati su altro, ma ci sembra comunque necessaria qualche riflessione, anche perché le due questioni presentano un fitto intreccio di legami. Nel momento del maggior clamore ci eravamo permessi di dire che era indispensabile non perdere la testa e mettere in atto tutta una serie di interventi che evitassero in futuro il ripetersi di episodi analoghi o di entità superiore. Esprimevamo, inoltre, dubbi sulla sua durata ed entità.
La lezione della crisi finanziaria conduce alle stesse indicazioni. Per i prodotti agricoli la ripresa della produzione nell’emisfero settentrionale, unita alle previsioni per quello meridionale i cui raccolti sono ormai imminenti, lascia prevedere un’annata record e i prezzi sono in calo. Le prime stime della Fao indicano che già quest’anno vi sarà una parziale ricostituzione delle scorte, intaccate nei tre anni precedenti, che proseguirà nel 2009. Sul fronte della domanda non vi sono state anomalie: essa cresce a ritmi compatibili, mentre la stretta della speculazione si è allentata passando, appunto, ad altri e ben più preoccupanti modi di esprimersi.
Tornando alla crisi agricola vi sono due aspetti specifici che destano preoccupazione: a) la dinamica dei costi degli strumenti produttivi che non accenna a scendere, b) il persistere di una serie di provvedimenti di politica agraria estemporanei e contraddittori che non vengono eliminati Infine rimane ancora da formulare un ragionevole piano di sviluppo della produzione agricola che in futuro attenui le conseguenze di questo genere di crisi. Non ci si è occupati del potenziamento della produttività agricola basato sugli investimenti in infrastrutture idriche, di trasporto, di conservazione, e sull’introduzione di innovazione scientifica e tecnologica, la sola strada per contenere gli incrementi dei mezzi di produzione e per aumentare le rese produttive sia nei paesi ricchi sia, e ancor più, in quelli dove la crisi ha provocato un arretramento dei livelli alimentari. Al contrario i Governi dei diversi paesi si sono esercitati nello sfornare numerosi provvedimenti, spesso dettati dalla piazza, caratterizzati da estemporaneità e scarsa coerenza logica. Ora che la fase acuta sembra alle spalle occorre mettersi all’opera per evitare che si ripeta.
Nei giorni scorsi si è tenuta a Venezia l’annuale Conferenza promossa dalla Fondazione Veronesi e da altre prestigiose Istituzioni sul tema generale Future of Science che questa volta era centrato su Water and Food for Life. Una scelta che le ha permesso di essere esattamente impostata su un’attualità che non avrebbe potuto essere meglio individuata. Dobbiamo attenderci per l’anno 2050 un raddoppio della domanda complessiva di alimenti per tenere conto dell’aumento della popolazione, dell’esigenza di innalzare i consumi pro capite di circa un quinto dell’umanità e di soddisfare i nuovi modelli alimentari dei paesi emergenti, ecco perché occorre valutare con grande attenzione le prospettive che si possono dischiudere. Le risorse produttive sono limitate. In particolare la più importante, la terra coltivabile, non è ragionevolmente aumentabile per ovvie ragioni di compatibilità ambientale. Ecco allora che è necessario puntare su soluzioni in grado di aumentare le disponibilità alimentari, agendo su due versanti: gli incrementi di produttività e la salvaguardia delle produzioni ottenute, sottoposte a perdite troppo elevate proprio nei paesi in maggiore difficoltà. Per entrambi è indispensabile un miglioramento delle tecnologie in uso e una consistente immissione di innovazione scientifica e tecnologica.
A Venezia erano convenuti numerosi scienziati che hanno indicato le linee di tendenza della ricerca e i potenziali risultati, alcuni già a portata di mano, per l’acqua, indispensabile supporto alla vita umana sia come alimento in sé sia come potente strumento di produzione, e anche per i prodotti agricoli. Insieme ai temi strettamente scientifici si è dibattuto anche di economia, di politica e di etica. Una miscela di contenuti stimolante e importante che ha fornito un’immagine molto positiva di ciò che si potrebbe fare per affrontare il problema seriamente e sin dalle radici. Dai resoconti giornalistici sembra che si sia parlato solo di O.g.m., ma questa sarebbe una banalizzazione della questione che non rende giustizia né alla varietà e ampiezza dei contributi né al senso complessivo del dibattito.
Il punto centrale, infatti, non è, e non può essere, la contrapposizione fra il si e il no agli O.g.m., ma consiste nella serena valutazione delle possibilità offerte anche in agricoltura dall’avanzamento scientifico e delle conoscenze reso possibile dallo sviluppo delle biotecnologie. Un insieme di metodi e di acquisizioni che è accettato tranquillamente in altri campi, compresa la cura della salute umana, ma che è oggetto di un aprioristico rifiuto nelle applicazioni agricole. Le necessità alimentari dell’umanità richiedono un approccio concreto e sereno al problema dell’impiego delle bioscienze anche in campo agricolo, cercando di compiere un secondo passo in avanti nella produzione degli alimenti dopo quello che fu realizzato nella prima metà dell’Ottocento e che permise il decollo dell’economia mondiale e la relativa stabilità delle condizioni base di vita dell’uomo, finalmente sottratto alla rigida equazione fra alimenti spontaneamente forniti dalla natura e bisogni alimentari crescenti. Siamo pronti per una nuova rivoluzione agricola di cui abbiamo un disperato bisogno per assicurare un futuro migliore all’umanità anche, e specialmente, nelle grandi crisi che il mercato mondiale proporrà in futuro in un contesto complessivo di grande volatilità dei prezzi di tutto, compresi i prodotti alimentari. Non dimentichiamo che l’uomo per vivere deve potersi nutrire.