INONDAZIONI E TERREMOTI/ Sei milioni di italiani minacciati dall’acqua, 30 milioni in zone a pericolo sismico
Un italiano su dieci rischia di essere sommerso da un’alluvione o venire travolto da una frana e uno su due vive in zone dove da un momento all’altro possono scatenarsi terremoti

Un italiano su dieci rischia di essere sommerso da un’alluvione o venire travolto da una frana e uno su due vive in zone dove da un momento all’altro possono scatenarsi terremoti. E a essere minacciate sono anche oltre 6mila scuole e 531 ospedali, che accogliendo bambini e anziani malati dovrebbero invece garantire la massima sicurezza.
Sono i numeri che compaiono in «Terra e sviluppo, decalogo della Terra 2010 – Rapporto sullo stato del territorio italiano», realizzato dal centro studi del Consiglio nazionale dei Geologi (Cng) in collaborazione con il Cresme. Da cui risulta che 6 milioni di persone nel nostro Paese vivono in zone a elevato rischio di frane e alluvioni. In tutto ben 29.500 chilometri quadrati di territorio, sui 301.336 dell’estensione totale dell’Italia, sono a «elevato rischio idrogeologico». Anche se in alcune regioni il rischio arriva addirittura al 90%. In tutto 1 milione e 260mila gli edifici minacciati.
Come ha spiegato Pietro Antonio De Paola, presidente del consiglio dei geologi, quella che emerge dal rapporto è «un’Italia dal territorio fragile. Le aree a elevata criticità idrogeologica rappresentano il 10% della superficie italiana e riguardano l’89% dei comuni». A rischio terremoti inoltre «circa il 50% dell’intero territorio nazionale e il 38% dei comuni». «E’ chiaro che con queste cifre la tutela della popolazione, il risanamento idrogeologico e la messa in sicurezza del patrimonio da eventi disastrosi diventano prioritari per il Paese – evidenzia il presidente Cng -. Per questo è necessario che cresca la consapevolezza degli amministratori locali e della politica».
Al primo posto tra le regioni più a rischio c’è l’Emilia-Romagna, con 4.316 chilometri quadrati di superficie esposta alle alluvioni del Po. Segue il Piemonte (con 3.097 chilometri quadrati), la Campania (2.598), la Toscana (2.542), la Lombardia (2.114) e il Trentino-Alto Adige (1.653). Nel Lazio invece sono minacciati da alluvioni e frane 1.309 chilometri quadrati, mentre la Liguria è la regione meno a rischio con 470 chilometri. Inoltre, ben il 19% delle persone residenti nelle zone a rischio vivono in Campania. Ma il Cng ha elaborato anche una mappa del rischio sismico elevato. I comuni del Belpaese inseriti nella zona rossa sono 725 contro i 2.344 nella lista di quelli a rischio medio. Nel primo gruppo risiedono 3 milioni di abitanti e sono presenti 6,3 milioni di edifici e 12,5 milioni di abitazioni.
La regione con la maggior estensione di territorio a rischio sismico elevato è la Sicilia con 22.874 chilometri quadrati. Nell’isola sono a rischio quasi 1,5 milioni di edifici, tra cui 4.856 scuole e 390 ospedali. In classifica la Calabria (15.081 chilometri, 719.481 edifici, 3.130 scuole e 189 ospedali), la Toscana (14.408 chilometri, 563.501 edifici, 2.864 scuole e 248 ospedali), la Campania (12.319 chilometri, ben 865.778 edifici di cui 4.608 scuole e 259 ospedali) e il Lazio (10.344 chilometri, 517.508 edifici, di cui 2.571 scuole e 249 ospedali). L’Emilia-Romagna conta ben 7.203 chilometri quadrati a rischio terremoto e 329.591 edifici coinvolti, di cui 1650 scuole e 196 ospedali.
Le regioni dove di recente si sono verificati i due più gravi terremoti, l’Abruzzo e l’Umbria hanno, rispettivamente, 9.032 e 6.814 chilometri quadrati sismici, pari rispettivamente al 90% e all’80% della superficie regionale. Mentre le regioni in assoluto meno sismiche sono la Valle d’Aosta, la Sardegna e il Trentino-Alto Adige. E frane, alluvioni e terremoti sono costati all’Italia 20 volte il valore della Finanziaria 2010. Secondo Cng e Cresme è stata di oltre 213 miliardi di euro la spesa per il dissesto idrogeologico e dei terremoti in Italia dal dopoguerra a oggi. Oltre 27 i miliardi investiti dal 1996 al 2008.
Come dichiarato in una nota da Chiara Braga, responsabile delle Politiche per la difesa del territorio del Partito democratico, la ricerca del Cng «ci restituisce dati impressionanti: sei milioni di italiani vivono in zone a elevato rischio idrogeologico, oltre un milione di edifici sono minacciati da frane e alluvioni. E’ la fotografia fedele di una realtà più che preoccupante per il nostro Paese, sia per l’estensione del rischio (quasi 30mila chilometri quadrati) sia per il coinvolgimento di edifici pubblici come scuole e ospedali». E aggiunge Chiara Braga: «Questa denuncia arriva mentre si continuano a registrare allagamenti e minacce di frane in contesti già duramente colpiti, come la provincia di Messina e la stessa Giampilieri».
IL PD: «SERVE UN PIANO DI PREVENZIONE» – «In primo piano – prosegue l’esponente del Pd – va messa la questione dei costi per la gestione delle emergenze. Risulta sempre più urgente invertire la tendenza e dare la priorità, nelle politiche nazionali e locali, a un grande piano di prevenzione del rischio idrogeologico, dotandolo di adeguate risorse e razionalizzando il sistema della governance per renderla più efficace. Quella di oggi è la dimostrazione che l’apporto del mondo tecnico-scientifico può essere determinante per riportare al centro dell’attenzione politica e dell’opinione pubblica il tema della sicurezza del territorio».
Mentre secondo quanto dichiarato al Velino da Franco Verrascina, presidente della Copagri (la Confederazione dei produttori agricoli), «oltre alla drammaticità dei rischi che gravano su milioni di cittadini non va sottovalutato lo sperpero di risorse perpetrato per rimediare a danni avvenuti. Se i terremoti sono impossibili da prevedere, le cause di frane e alluvioni sono evidenti nella quasi totalità dei casi: l’abbandono delle aree rurali limitrofe alle città e l’urbanizzazione di territori agricoli». «Già nello scorso giugno il Forum sul dissesto idrogeologico in Italia – ha aggiunto Verrascina – aveva evidenziato il rischio frane e inondazioni per il 100 per cento dei Comuni in cinque regioni e in genere per l’82 per cento dei Comuni italiani, così come una spesa di oltre un miliardo l’anno da 20 anni a questa parte per riparare disastri annunciati, ovvero dieci volte superiore a quanto servirebbe per prevenire».
I «GUARDIANI» DEL TERRITORIO – «Ci chiediamo se non sia ora di spendere un minimo di risorse per i “guardiani” del territorio e molto meno per apparati istituzionali e burocratici che non danno alcun frutto», ha sottolinea inoltre Verrascina, secondo cui la conseguenza è che «occorre voltare pagina e riconoscere il ruolo fondamentale degli agricoltori per la manutenzione del territorio e la prevenzione contro i dissesti idrogeologici. Servono ferrei vincoli sulla destinazione agricola dei terreni e premessa e supporto di ciò non può che essere una ritrovata centralità dell’agricoltura nel dibattito politico istituzionale e la definizione di una seria politica agricola nazionale».
(Pietro Vernizzi)
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