Sabato mattina una donna ha abortito nell’ospedale di Rossano, in provincia di Cosenza. Il feto è stato avvolto e risposto. Era morto, pensavano i medici. Ma quando il cappellano dell’ospedale si è recato presso il corpicino per dire una preghiera, è stato chiaro che le cose stavano diversamente. Il cuore batteva ancora, il feto era vivo. L’aborto, tecnicamente, sembrava fosse riuscito. Pare che la vita del nascituro fosse stata soppressa per una malformazione. Dopo 22 settimane di gestazione, a diverse ore dall’aborto, respirava ancora. Una volta che gli operatori dell’ospedale hanno saputo che il piccolo era ancora in vita, gli hanno prestato i soccorsi necessari e hanno tentato di rianimarlo, come prevede la legge. Non c’è stato, purtroppo, nulla da fare. Le condizioni del feto erano troppo gravi. E così, è morto.
Perché nessuno si è accorto che il feto respirava ancora? Lo sta accertando Polizia, con il coordinamento della Procura della Repubblica di Rossano, per verificare se vi siano responsabilità dei medici e del personale sanitario e se il feto, in seguito all’espulsione, sia stato monitorato correttamente. Intanto, gli agenti del commissariato di Rossano ganno acquisito la cartella clinica. Nelle prossime ore saranno ascoltati i medici che hanno effettuato l’aborto.
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Il neonato, non appena il cappellano si è accorto che, nonostante l’aborto era ancora in vita, è stato trasportato nel reparto di neonatologia dell’ospedale civile dell’Annunziata di Cosenza. Lì i medici hanno tentato di rianimarlo. Ma il quadro clinico è subito apparso decisamente compromesso.