Torna il caso delle cosiddette Toghe Lucane, in passato indagine curata dall’ex magistrato de Magistris, adesso affidata alla procura di Catanzaro. Una inchiesta che sfiora aspetti inquietanti, ovviamente ancora da dimostrare. Secondo la nuova svolta delle indagini si starebbe infatti indagando su una autentica associazione segreta che vedeva nelle sue fila magistrati, esponenti delle forze dell’ordine e dei servizi segreti. Tutti impegnati a raccogliere informazioni riservate per ottenere vantaggi nelle proprie carriere, ma anche per danneggiare personaggi ritenuti in contrasto con le proprie mira. Tra questi ultimi ci sarebbe il pubblico ministero Henry John Woodcok, il giudice Alberto Iannuzzi (tenuti sotto controllo quando lavoravano a Potenza) e poi anche personaggi della televisione come la giornalista Federica Sciarelli. Sotto inchiesta è adesso il sostituto procuratore generale di Potenza, Gaetano Bonomi: le accuse sul suo conto riguardano corruzione, calunnia, abuso d’ufficio, rivelazione di segreto. Coinvolto anche il collega Modestino Roca, l’ex capo della squadra mobile di Potenza Luisa Fassano e l’ex capo della polizia giudiziaria Pietro Gentili. Sarebbero coinvolti altri alti esponenti della giustizia sempre di Potenza. Funzionari di polizia si sarebbero procurati dati riservati e poi sarebbe stata sporta denuncia anonima sui tabulati telefonici di Woodcock, la Sciarelli e Michele Santoro inmodo da far credere che erano “state veicolate notizie riservate alla stessa conduttrice della trasmissione Chi l’ha visto?”. In tal modo si sarebbe potuto dar vita a indagini disciplinari su colleghi magistrati e intimidirli. Guerra di toghe, dunque, come si era detto tempo fa a proposito del caso. Gli inquirenti avrebbero in mano centinaia di intercettazioni telefoniche che toccano i legali di Bonomi, esponenti della polizia e magistrati. In tutto questo spuntano anche le inchieste sui pagamenti che Berlusconi avrebbe fatto a Tarantini e a Lavitola. Tra gli scopi di Bonomi, diventare procuratore di Potenza. Avrebbe fatto pressioni su ufficiali di polizia giudiziaria per avere informazioni riservate su indagini in corso curate dall’allora capo della procura Galante.
Spuntano nell’inchiesta infine casi di “impunità garantita” al direttore dell’Ospedale San Carlo di Potenza il quale aveva forti legami con il mondo della politica. Bonomi avrebe voluto servirsi di questi contatti per fini personali.