CASO RUBY/ ll pm mostra foto hard della giovane. Il testimone: ad Arcore, c’erano 3 prostitute

- La Redazione

Nell’ambito del processo Ruby, il poliziotto Marco Ciacci, ha sostenuto che alle famose cene di Arcore, tre delle ragazze partecipanti erano professioniste di professione

RUBY-DISCOTECA-R400 Foto Ansa

Benché l’ex premier Silvio Berlusconi sia (temporaneamente) uscito, politicamente, di scena, continua a balzare agli onori della cronaca. Almeno, indirettamente. Parliamo del processo per concussione e prostituzione minorile che, forse più di ogni altra cosa, gli è costata la carica di presidente del Consiglio, screditandolo al punto tale da essere costretto a rassegnare gli dimissioni per sedare umori delle istituzioni europee e dei mercati. Nell’ambito del processo Ruby, il poliziotto Marco Ciacci, ha sostenuto che alle famose cene di Arcore, tre delle ragazze partecipanti erano professioniste di professione. I nomi fatti sono quelli di Ruby, Michelle Conceicao e Iris Berardi. Ciacci, su una richiesta esplicita del Pm Antonio Sangermano, che chiedeva quali ragazze professassero il mestiere più antico del mondo al di là di quanto accadeva nel corso delle cene, ha indicato le tre ragazze. A riprova della sua tesi, Ciacci ha parlato, tra le altre cose di una lettera sequestrata dove una persona anonima, rivolgendosi alla madre di Iris, e parlava dell’attività della figlia. Rispetto a Ruby, invece, ha parlato di una serie di tracce e indizi riscontrati nel corso delle indagini sul caso, e di un «di un giro di prostituzione di donne maggiorenni e minorenni».

Il pm, nel corso dell’udienza, ha anche mostrato alcune fotografie di Ruby, mentre si esibiva in pose piccanti in una discoteca genovese. Foto già circolanti da tempo in rete, ma che, secondo il pm, sarebbero fondamentali in quanto dimostrerebbero le «prassi comportamentali» della giovane, all’epoca dei fatti e «la sua contiguità a contesti prostituivi». Dal canto suo, il legale di Berlusconi, Niccolò Ghedini, ha affermato: «Oggi è andata molto bene per la difesa con un teste dell’accusa, perché sono emersi elementi che testimoniano l’estraneità di Berlusconi alla vicenda». Rispetto alle rivelazioni del funzionario di polizia ascoltato durante l’udienza, invece, ha sottolineato come non si possa fare un «processo con una testimonianza di quinta mano». Ghedini, in particolare, si è riferito al fatto che il poliziotto ha usato come prova le dichiarazioni di Caterina Pasquino e dell’imprenditore Giuseppe Villa.

 La Pasquino, in particolare, «é una testimonianza di quinta mano, lei diceva di aver appreso da un amico e quindi da una fonte incerta» dei rapporti tra l’ex premier e Ruby che «non sono stati dimostrati da nulla, soltanto da due dichiarazioni poi smentite» e con le quali «la Procura ha indagato per mesi senza iscrivere Berlusconi nel registro degli indagati e lo ha fatto poi soltanto a dicembre del 2010». 







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