Caro direttore,
abbiamo appreso da tutti i mass media che martedì la Cgil ha portato in cento piazze pensionati e lavoratori. Molti di noi avranno sicuramente subito qualche disagio. Quindi, seppur in minima parte, il sindacato guidato da Susanna Camusso ha ottenuto il risultato di calamitare parte dell’attenzione pubblica su di sé. Le cifre riguardanti l’adesione sono sempre ballerine: per portare solo un esempio, nella Pubblica Amministrazione la Cgil annuncia il 14 percento di astensione dal lavoro, mentre dati ministeriali ufficializzano un risicatissimo 7 percento. Ovviamente, durante uno sciopero, le assenze fisiologiche vengono numericamente conglobate nell’adesione sindacale: assenze per malattia, ferie, infortunio, maternità, permessi vari ecc. Dal punto di vista politico il giudizio non può essere confortante per i manifestanti. Qualche ora dopo il discorso del segretario generale della Cgil Susanna Camusso, il ministro del Lavoro Sacconi ribadisce che l’art. 8 (riguardante la derogabilità del contratto di secondo livello alla legge e al contratto nazionale) presente nella manovra non si tocca; non bastando, in tardo pomeriggio si apprende che verrà aumentata l’età per accedere alla pensione per le donne.
Grandissimo risultato. Il Governo è dovuto correre ai ripari martedì. Dopo un lunedì nerissimo delle borse, con Francoforte fanalino di coda, la Merkel ha paragonato la situazione italiana a quella greca, le banche hanno perso mediamente il 6 percento e lo spread è salito a 380 punti base. In questa drammatica situazione il governo ha cercato, inasprendo la manovra, di accrescere la credibilità e la fiducia del nostro Paese. Questi accenni di attualità politica erano necessari, anche solo per inquadrare lo scenario nel quale si è compiuta un’altra manifestazione. Ben più imponente numericamente. La manifestazione di coloro che nonostante tutto erano al proprio posto di lavoro.
La manifestazione di responsabilità di coloro che, pur desolati e infastiditi dal governo e dalla situazione economica, hanno deciso di non venire meno al loro dovere. La manifestazione di gente, sicura che la salvezza del paese non arriverà mai da una semplice manovra economica (indubbiamente sarà uno strumento necessario), ma arriverà attraverso il lavoro di tanti singoli che non delegano il loro compito nella società.
La manifestazione di giovani, sì i milioni di giovani che non vengono né da centri sociali né dai No Tav, che hanno la certezza che non è in corso una rapina al loro futuro ma che il domani ciascuno se lo conquista con il sudore. È stata la scelta libera e responsabile di lavoratori che non hanno optato per la strada più facile e populista. È stata la manifestazione silenziosa di coloro che sono ancora disposti a fare sacrifici. Una apertura umana e culturale di questo genere trova la sua radice nella dottrina sociale della Chiesa. Non viene bandito lo sciopero, ma deve essere utilizzato come strumento estremo in modo responsabile. Perdere otto ore di stipendio in queste situazioni è un atto altamente demenziale. Protestare contro una manovra che era in discussione, attraverso la lettura degli emendamenti in Parlamento (luogo della sovranità popolare), è un atto di sfiducia non solo nei confronti del governo, ma implicitamente anche all’opposizione (per la cronaca Pd e IdV manifestavano anche loro) e alla democrazia. C’è estremo bisogno del protagonismo di coloro che martedì hanno manifestato il loro diritto a rimanere sul posto di lavoro. L’invito che rivolgo a loro è di implicarsi maggiormente nella realtà sociale, aderendo e coinvolgendosi in quelle realtà associative che testimoniano il vero interesse al bene comune.
Daniel Zanda, Cisl Lombardia