E’ stato definitivamente affossato il ddl sulle misure alternative al carcere, tanto difeso negli ultimi giorni anche dal ministro della Giustizia, Paola Severino: “E’ un testo importante che ha una sua razionalità – ha detto la titolare del dicastero di via Arenula – e l’ok sarebbe stata una pagina bellissima per concludere questa mia esperienza di governo. Invece vado via con amarezza anche se vi ringrazio per il sostegno che ci avete sempre dato”. Furiosi invece tutti gli operatori del carcere, secondo cui da oggi la Costituzione italiana avrà un articolo in meno, “anche se non molti se ne accorgeranno, perché è un articolo che non ha mai goduto di grandi fortune”. A scomparire è l’articolo 27, o perlomeno il suo terzo comma, in cui si afferma che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Tale rieducazione, commentano gli operatori attraverso un recente comunicato stampa, “è destinata a rimanere lì, sulla carta. Costituzionale, ma pur sempre carta”. “Mentre le carceri vanno a rotoli – si legge ancora -, mentre il sovraffollamento permane inesorabile, mentre si incrementa la fila di chi abbraccia Marco Pannella sotto gli obiettivi dei fotografi e con tanta umana partecipazione, di nascosto, in tutta fretta e all’ultimo minuto, al di là dei proclami di facciata, a prevalere sono gli interessi personali e i calcoli elettorali”. Infatti, spiegano i tanti operatori del carcere coinvolti, “i pochissimi euro previsti nel decreto stabilità per rifinanziare la Legge Smuraglia, riguardante il lavoro penitenziario, vengono letteralmente scippati. Pochi soldi, vale la pena ricordare, che servirebbero a porre un argine allo scandalo e a una spesa – questa sì – senza fondo, determinata da un semplice prodotto: 67mila detenuti per una spesa complessiva pro capite al giorno di 250 euro”. Vengono poi ricordate altre due cose: “Che il prodotto, calcolato su 365 giorni all’anno, dà un risultato di dieci cifre, e che il lavoro penitenziario è il principale presidio medico che argina questa emorragia mortale. Emorragia non solo per il senso di umanità, ma quanto meno per le casse dello Stato”. “Ci diranno – spiegano ancora – che non è l’unica voce sacrificata e che ci sono tanti problemi più importanti fuori dal carcere. Ma rimane veramente difficile capire il perché di un simile taglio. Ormai anche i bambini sanno che investire in rieducazione e recupero dei detenuti fa risparmiare una valanga di soldi e porta sicurezza sociale”.
E concludono con un ultimo, durissimo attacco: “Rubare è un termine appropriato al mondo del carcere, chi ruba è normalmente definito un ladro. Chi ha scelto di non rifinanziare la legge Smuraglia ha rubato qualcosa. Ma non ai detenuti: a tutti noi”.