Si apre lunedì di fronte al Tribunale di Milano il processo del secolo nel settore turistico del nostro Paese. Si tratta della causa per bancarotta fraudolenta ai danni della Compagnia Italiana Turismo (CIT), che è stata per 80 anni la punta di diamante dei viaggi e delle vacanze da e per l’Italia. Istituita con regio decreto e con finalità pubbliche nel 1927, la società è stata privatizzata nel 1997. Il processo che inizia lunedì riguarda insolvenze quantificate dai pm per un valore di 535 milioni di euro, una somma sufficiente a fare tremare i polsi ai magistrati della Procura di Milano, che pure sono avvezzi alle maxi inchieste. Nella lista dei testimoni compaiono anche personaggi di spicco della scena politica nazionale.
Il principale accusato è l’imprenditore Gianvittorio Gandolfi, amministratore delegato della Compagnia Italiana Turismo dall’ottobre 1997 al 2003, difeso dal già noto avvocato Stefano Benvenuto dello studio di Lainate. Come sottolinea il legale, intervistato da Ilsussidiario.net, “i numeri parlano da soli sull’importanza di questo processo, nel corso del quale dimostrerò la completa innocenza del mio assistito. In tutto le parti lese sono 49, e tra le contestazioni dei pm ci sono fatture false per 15 milioni di euro per il progetto dell’isola di Saccasessola (Venezia), dove secondo l’accusa sarebbero stati pagati in realtà soltanto 679mila euro al capo progettazione. Nel mirino dei magistrati ci sono inoltre 19 milioni di euro di anticipazioni bancarie per il polo di Scanzani”.
Il processo CIT si preannuncia quindi ricco di colpi di scena, anche perché riguarda la colonna portante nella storia del settore turistico in Italia. Creata nel 1927 su decisione di Benito Mussolini, la Compagnia Italiana Turismo nasce dalla sinergia tra Ferrovie dello Stato, Ente Nazionale Italiano per il Turismo, Banco di Napoli e Banco di Sicilia. Lo scopo è fin dall’inizio organizzare le vacanze degli italiani all’estero e promuovere l’immagine del nostro Paese come meta privilegiata del turismo internazionale. Negli anni Settanta e Ottanta, CIT diventa l’indiscusso protagonista della vita turistica nel nostro Paese, aprendo filiali non solo in tutta Italia, ma anche in Gran Bretagna, Francia, Belgio, Lussemburgo, Stati Uniti, Sud America e Australia.
Nel 1997 la Compagnia Italiana Turismo è privatizzata e passa nelle mani dell’imprenditore Gianvittorio Gandolfi. I primi quattro anni sono all’insegna del rilancio del gruppo, ma dopo la crisi internazionale del turismo provocata dagli attacchi alle Torri Gemelle la situazione economica di CIT si fa meno rosea. Attraversa una serie di difficoltà che nel 2006 porteranno alla procedura di amministrazione straordinaria stabilita con un decreto del ministero dello Sviluppo economico. Ed è proprio in questa fase che si inseriscono le contestazioni alla dirigenza di CIT mosse dalla Procura di Milano.
A finire nel mirino è soprattutto l’intervento edilizio in grande stile sull’isola di Saccasessola, nella Laguna di Venezia, che prevedeva la realizzazione di un lussuoso hotel che in realtà non è mai stato ultimato, nonostante siano stati investiti fondi pari a 100 milioni di euro. Tra i progetti di CIT ci sono anche quelli relativi ai villaggi turistici a Pietrelcina, famosa per avere dato i natali a Padre Pio, Sibari (Cosenza) e Scanzano Jonico (Matera). In quest’ultimo sito sono costruiti un residence e un albergo, parte di un progetto da 112 milioni di euro, con uno stanziamento effettivo da parte dello Stato pari a 30 milioni.
Sempre secondo la Procura, CIT avrebbe ricevuto in totale 194,6 milioni di euro erogati dal governo italiano, contando solo i progetti nel nostro Paese e senza includere le attività del gruppo all’estero. Secondo la Procura il principale responsabile sarebbe stato l’ex amministratore delegato, Gianvittorio Gandolfi, difeso dall’avvocato Stefano Benvenuto.
Contattato da Ilsussidiario.net, Benvenuto replica così: “Le contestazioni dell’accusa sono frammentarie e inveritiere. Nel corso del processo sarà dimostrata l’assenza di responsabilità penale del mio assistito, il quale non ha mai sottratto nessuna delle somme che gli sono imputate. Inoltre, la percentuale delle somme che secondo la Procura sarebbero state distratte è inferiore all’1% del patrimonio sociale di CIT e quindi da sole non possono essere considerate causa di dissesto societario”.
E aggiunge l’avvocato Benvenuto: “Il mio assistito, Gianvittorio Gandolfi, al momento dei fatti contestati non era per giunta più nemmeno l’amministratore delegato delle società interessate. Nel corso del processo, attraverso una mia indagine internazionale sarà dimostrata la vera causa dell’insolvenza della società ‘CIT Belgium’, già documentata dall’autorità giudiziaria del Belgio. L’insolvenza è stata dovuta alla situazione economica del settore turistico, e non a sottrazioni di somme come vuole fare ritenere l’accusa”.
(Pietro Vernizzi)