TRAGEDIA MONTE BIANCO/ La guida: una fatalità di cui la montagna non ha “colpa”
Ieri 9 alpinisti sono morti travolti da una valanga sul Monte Bianco, 11 sono rimasti feriti. Si poteva evitare? Parla GUIDO AZZALEA, guida alpina e presidente delle Guide Alpine Valdostane

«Le condizioni per fare quella via erano buone, gli alpinisti potrebbero non avere nulla di cui rimproverarsi. È la montagna. E ogni alpinista sa bene che l’imponderabile può sempre accadere». Ad dirlo è Guido Azzalea, guida alpina e presidente delle Guide alpine valdostane (Uvgam), commentando la tragedia che si è verificata ieri, all’alba, tra Italia e Francia, lungo la via che sale al Monte Bianco passando per il Mont Blanc du Tacul e il Mont Maudit.
Il bilancio è grave: quella che le autorità francesi hanno definito «la valanga più letale degli ultimi anni» ha fatto nove vittime e undici feriti, mentre nella serata di ieri 4 dispersi sono stati trovati e recuperati vivi.
Una fatalità, dunque, e senza nemmeno la complicità delle alte temperature. Verso le 4 e mezza di ieri mattina diverse cordate di varia nazionalità sono impegnate nella salita di una delle più belle ascensioni d’alta quota del Massiccio, quella che dal Rifugio dei Cosmiques porta sulla vetta del Monte Bianco. Ma la via detta dei Trois Mont Blanc, nel tratto tra Mont Blanc du Tacul e Mont Maudit, pur facile, è pericolosa. All’improvviso un seracco, uno di quei grandi blocchi di ghiaccio che affiorano dai pendii glaciali, si stacca e rovina sul pendio sottostante. Una cordata viene subito travolta dalla massa di ghiaccio. Non è finita perché la massa glaciale, in un attimo, causa una valanga che trascina a valle tutti gli altri. Alcuni muoiono sepolti dalla neve, altri finiscono in una zona di crepacci aperti, ma si salvano.
«La valanga ha travolto numerose cordate – dirà Fabio Galante, del soccorso della Guardia di Finanza di Entreves (Courmayeur), impegnata nei soccorsi insieme alle squadre francesi – e le ha trascinate sul pianoro tra il Tacul e il Mont Maudit. Aveva un fronte di circa 150 metri». «Il fatto è – dice Azzalea a IlSussidiario.net – che sia sul Mont Blanc du Tacul, sia sul Mont Maudit succede regolarmente che ci siano distacchi di seracchi o valanghe, anche in piena estate. L’incidente ha fatto molte vittime, ma questo dipende anche da fatto che quella via è molto frequentata. Dal Rifugio dei Cosmiques l’altra notte sono partite almeno 40 persone, più quelle che hanno bivaccato in tenda, come avviene di solito, in prossimità dell’Aiguille du Midi. Questo vuol dire che sulla montagna, dove è caduto il seracco, c’erano tante persone vicine».
«Lo zero termico − continua la guida − era a circa 4mila metri, l’incidente è accaduto quando gli alpinisti erano già sopra quella quota; se pensiamo che il vento era forte e soffiava da nord, la temperatura era almeno di 10 gradi sottozero. Il che vuol dire condizioni ottime, buone per intraprendere una salita come quella». Anche dopo un inverno anomalo come quello di quest’anno. «Sì − spiega Azzalea −. Fino a 3500, 4mila metri c’è poca neve, a causa delle scarse nevicate invernali. Invece il maltempo della primavera scorsa ha depositato alle quote più elevate, e quindi più fredde, moltissima neve. Ciò non vuol dire che il pendio fosse insicuro. Se una massa grande come quella del seracco non fosse precipitata sul pendio, probabilmente non si sarebbe fatta nessuna valanga e nulla sarebbe accaduto. La montagna è fatta così».
Azzalea sembra escludere che si possa parlare di responsabilità degli alpinisti, anche se può accadere che tra evoluzione dei materiali e bollettini meteo quasi infallibili, gli alpinisti attuali siano indotti a sottovalutare i rischi. «Diciamo che oggi il servizio meteo sbaglia due volte su cento e questo vuol dire molto, moltissimo. Una volta non era così. Quando si partiva, e la storia di Bonatti sul Pilone centrale lo insegna (il riferimento è alla tragedia del Freney del 1961, ndr), si diceva “speriamo che non cambi il tempo”. Era tutto quello che si poteva fare, il resto era questione di istinto e di esperienza. Questo poteva portare alla tragedia, ma anche indurre alla prudenza. Oggi, invece, c’è gente che va a fare salite difficili prima che arrivi la tempesta del secolo».
L’incidente di ieri, dice Azzalea, non è un motivo sufficiente per abbandonare i Trois Mont Blanc. «Ogni alpinista sa bene che l’imponderabile può sempre succedere. Ovunque. Diversamente, si vada a giocare a golf, dove il rischio di valanghe non esiste. Ma c’è sempre quello di fare un incidente in macchina, e questo dovrebbe far riflettere».
La procura di Bonneville ha aperto una inchiesta per accertare come sono andate le cose. Sui giornali si parla di via maledetta, perché questo vuol dire Maudit, maledetto; c’è chi fa politica, parlando di «Alpi fragili per il caldo». È come se ci si aspettasse una montagna ideale, innocua. Azzalea non è d’accordo. «In alta montagna il rischio c’è, punto. Anche se uno è guida, anche se va con tutta la prudenza del mondo, rischi ne corre sempre, perché è in un terreno ostile. La sicurezza al cento per cento è solo un’illusione».
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