Anna Maria Franzoni può uscire dal carcere per lavorare dalla mattina alla sera. La decisione è stata presa dal penitenziario Dozza di Bologna nel quale la donna sconta la sua pena.
Condannata a 16 anni per l’omicidio del figlio di tre anni Samuele, ucciso con 17 colpi alla testa la mattina del 30 gennaio 2002 nella villetta di famiglia a Cogne, in Valle d’Aosta – può lasciare la cella per andare a lavorare in una cooperativa nella provincia di Bologna. È da lunedì scorso che gode di tale opportunità. La possibilità di lavoro esterno le viene concessa sulla base dell’articolo 21 dell’ordinamento penitenziario.
Ripercorriamo il suo iter giudiziario. La Franzoni è stata arrestata la prima volta il 14 marzo del 2002, per essere poi scarcerata alla fine dello stesso per decisione del Tribunale del riesame. Il 4 ottobre dello stesso anni, il Tribunale aveva però inaspettatamente cambiato parere dichiarando nuovamente nuovo valido l’ordine di cassazione; ma il giudice per le indagini preliminari di Aosta, Fabrizio Gandini, lo aveva ritirato infine ritirato causa “cessazione delle esigenze cautelari”.
L’ultimo atto dell’odissea giudiziaria è andato in scena il 27 aprile 2007 dopo tre anni di processo. La donna è in carcere dal 22 maggio 2008, subito dopo la conferma della sentenza d’Appello da parte della Corte di Cassazione. La Franzoni si è sempre dichiarata innocente; ci ricordiamo tutti le numerose volte che è andata in televisione (Porta a Porta e Maurizio Costanzo Show su tutti) piangendo il figlio morto e professando la proprio innocenza.
Due anni dopo l’omicidio del piccolo Samuele, nel 2004, lei e il marito, Stefano Lorenzi, hanno avuto un altro figlio, Gioele. Secondo quanto riportano alcune perizie psichiatriche a cui è stata sottoposta nel corso di questi turbolenti anni, la donna sarebbe affetta da nevrosi isterica, e dunque portata a simulare poiché incapace di elaborare e affrontrae i problemi della vita quotidiana.