“Quando sei l’amante non ti chiedono il biglietto” le parole (che non lasciano spazio ai dubbi) della ballerina moldava Domnica Cemortan, chiamata a testimoniare al Teatro Moderno di Grosseto nell’ambito del processo sul naufragio della Costa Concordia. La ragazza, dopo aver tentennato in un primo momento causa (parole sue) “il rischio di finire su tutti i giornali”, ammonita dal giudice, ha confessato di aver avuto una relazione con il comandante Francesco Schettino. Domnica salì così sulla Costa Concordia a Civitavecchia il 13 gennaio 2012 senza avere il biglietto e senza sapere se la sua presenza fosse stata registrata o meno. Ecco così accontentati gli avvocati di parte civile che chiedevano perché non avesse con sé il biglietto di imbarco. La moldava ha poi ricostruito la sera del drammatico naufragio: “Mi sono imbarcata sulla Concordia il 13 gennaio, come passeggero. Conoscevo già Schettino. A cena ho preso un dessert con il capitano, al tavolo c’erano persone che arrivavano e andavano via. Tra queste anche Onorato e Giampedroni”. Il pubblico ministero le ha domandato se fosse o meno a conoscenza dell’ inchino, ma Domnica ha chiarito come non sapesse il tragitto della nave e come sia stata semplicemente invitata in plancia a vedere l’isola: “Schettino non mi ha detto niente riguardo all’avvicinamento. Non ho mai saputo niente del tragitto della nave. Alla fine mi hanno invitato ad andare a veder l’isola. Sono salita in plancia con Onorato. C’erano tutti gli ufficiali, sono rimasta da una parte”. E ha proseguito: “a un certo punto un ufficiale ha sbagliato l’ordine del comandante. Lui lo ha redarguito e ha ripetuto l’ordine. Dopo pochi minuti è successo quello che è successo. Non ho sentito l’impatto ma ho visto le luci di emergenza. Dopo 10 minuti è scattato l’allarme”. In occasione dell’udienza è stato ascoltato anche il maitre della Concordia Antonello Tievoli, l’uomo che, per sua stessa ammissione chiese al comandante Schettino di passare vicino al Giglio, per il tradizionale l’inchino: “Schettino non fu entusiasta della distanza, pensava che non fosse abbastanza ravvicinata. A me sembrava già abbastanza rispetto alla consuetudine”. Dopo l’inchino del 6 gennaio il comandante invitò il vice Ambrosio a “prendere nota per stabilire una rotta per la settimana dopo”: il 13 gennaio il passaggio fatale.