Massimo Numa, il giornalista oggetto di un pacco dinamitardo, lavora alla Stampa dagli anni ‘80. Aveva esordito nella redazione di Savona, sua città natale, e non era la prima volta che riceveva insulti a minacce. Firma di prestigio, specialmente della cronaca torinese e piemontese, è stato più volte vittima degli attacchi verbali di sedicenti studenti e di persone legate ai collettivi antagonisti locali per esser stato considerato troppo fazioso e vicino alle forze dell’ordine. All’interno del pacco ricevuto, era presente un hard disk contenente 120 grammi di esplosivo. Se l’avesse utilizzata, gli sarebbe esplosa in faccia una bomba di schegge che gli avrebbe potuto causare cecità se non, addirittura, la morte. I No Tav hanno preso le distanze dall’episodio, affermando che non hanno alcuna volontà né interesse a far proliferare la violenza. Il comitato di redazione de La Stampa ha espresso solidarietà per Numa, vittima di «un gesto particolarmente odioso che cerca di intimidire un giornalista che da anni lavora su fronti difficili e mette in dubbio la libertà di stampa che il nostro Paese ha conquistato a caro prezzo».