Il provvedimento di legge che vieta l’aborto oltre la 20esima settimana di gravidanza e dispone una serie di misure restrittive nei confronti delle cliniche dello Stato del Texas è stato approvato con 19 voti a favore contro 11 dai senatori e il governatore repubblicano Rick Perry ha dichiarato che firmerà al più presto il provvedimento di legge in modo da renderlo operativo. A nulla sono servite le quasi 13 ore di maratona oratoria della senatrice democratica Wendy Davis che aveva provato una manovra di ostruzionismo a fine giugno per rimandare la votazione: la legge, adesso, stabilisce che dopo 20 settimane dal concepimento sia illegale provvedere all’eliminazione del feto, salvo gravi pericoli per la salute della madre, e prevede che le eventuali interruzioni di gravidanza siano effettuate esclusivamente in un centro chirurgico, cosa che potrebbe far chiudere i battenti a 37 delle 42 cliniche specializzate del Texas che di chirurgo hanno ben poco. Numerose sono state le proteste degli attivisti “pro-choice” che si sono opposti alla legge “pro-life” e che hanno manifestato davanti alla Camera ma anche dalla tribuna del Senato riservata al pubblico, da dove sono stati espulsi dalla polizia per schiamazzi e per avere numerose bottigliette di plastica piene di escrementi e urina pronte da lanciare. I repubblicani, che in Texas godono di un’ampia maggioranza in Senato, inoltre respinto gli emendamenti proposti dai democratici sulle possibilità di abortire anche in assenza di problemi di salute per la gestante nel caso stupri e incesti. Negli Stati Uniti l’aborto è legale, a livello federale, dal 1973, ma nel corso degli anni, molti Stati hanno modificato le singole normative in materia rendendole più severe, come il Mississippi, che ha una legislazione poco permissiva, Ohio, Oklahoma, Alabama, Kansas, Wisconsin e Arizona.