Angelo Scola, interpellato da Il Corriere della Sera, ha fatto un’ampia riflessione su Milano e sul suo ruolo nel mondo, chiedendosi, anzitutto, se una città vocata ad una visione internazionale possa prescindere da Dio. Il vescovo del capoluogo lombardo si è detto convinto del fatto che per la città serva una sorta di rinascimento. «Milano deve trovare nella sua radice popolare la vocazione di sintesi e la voglia di proporsi all’Europa, oltre che al paese, come la rinnovata Mediolanum, luogo di incontro e intreccio di culture. Per questo non basta parlare di valori, bisogna fare e far fare esperienza dei valori». In tal senso, secondo Scola, una società civile può dirsi tale solo quando «non mortifica i corpi intermedi, quando le libertà – di educazione, di intrapresa – sono effettivamente realizzate. Per me una società è autenticamente civile, per esempio, quando poggia sulla famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, aperta alla vita». Parlando, poi, del ruolo dei cristiani, si è detto convito che essi debbano passare dalla convenzione «alla convinzione nel vivere la fede. Quel che serve oggi per il bene di tutti è una fede convinta. Un compito. Una responsabilità decisiva per Milano. Una città in rapida transizione». Infine, a proposito dell’eventuale accusa di ingerenza indebita, ha spiegato che la Chiesa non è un partito e neppure un’azienda, e che essa non deve conquistare nessuno. «Quello che domandiamo è il legittimo diritto di poter manifestare anche pubblicamente, in maniera rispettosa di tutti, dei diritti di tutti, la fede cristiana che è la nostra ragione di vita».