Il Governo Monti, con decreto n. 333 del 14/04/2013, ha bandito il concorso per l’assegnazione dei contratti di specializzazione medica che consentono ai giovani laureati in medicina e chirurgia (che hanno superato anche l’esame di Stato e sono iscritti all’Ordine) di conseguire la specializzazione in uno dei vari settori. Unicamente per motivi di carattere economico, come si ricava dal provvedimento medesimo, si è pervenuti alla assurda, per non dire sciagurata, decisione di ridurre il numero dei medici specializzandi in Italia anziché aumentarlo, come giusto e necessario. Allo stato attuale, infatti, i posti a disposizione sono circa la metà rispetto al numero degli aspiranti tra i quali si annoverano molti neomedici laureati in corso con il massimo dei voti.
Tradotto in altri termini, a un vasto numero di medici che (dopo aver superato anche la prova di ammissione alla facoltà) hanno compiuto nei termini con successo il loro percorso universitario e superato l’esame di Stato viene di fatto preclusa la possibilità di procedere oltre nella loro formazione e qualifica professionale (e in molti casi a distanza di uno o più anni dal conseguimento della laurea e dopo la “gratuita” presenza presso le cliniche universitarie). Una evidente strozzatura del percorso formativo che può vanificare il risultato di anni di studio essendo a tutti noto come ormai il medico privo di titolo di specializzazione sia una figura marginale e forse desueta.
Si consideri in termini numerici che quest’anno risulterebbero banditi circa 10.000 posti per l’ammissione alla facoltà di medicina per cui, se venisse mantenuto il numero di 4.500 posti di specializzazione, avremmo nel prossimo futuro il risultato di circa 5.500 medici generici che si andrebbero a sommare a tutti quegli altri medici per i quali, negli anni precedenti, non vi è stato posto in specialità Un’autentica beffa per i giovani medici, una pletora di inutilizzabili medici generici con evidente danno per tutta la collettività.
Al di là delle legittime aspettative individuali, il dato più grave è quello relativo al danno sociale ed economico causato da tale irrazionale decisione. La “società” infatti, con ingenti oneri sia pubblici che privati, ha sostenuto la formazione di nuovi medici e alla fine di tale processo formativo ne impedisce la necessaria specializzazione rinunciando dunque al loro concreto utilizzo nel Sistema sanitario nazionale con evidenti ricadute sociali sulla qualità del servizio e sulla ricerca scientifica. Lo Stato e le famiglie hanno a lungo investito ingenti risorse per poi alla fine del percorso non “sfruttare” l’investimento effettuato che in molti casi sarà invece fruito da stati esteri con buona pace di chi da tempo si lamenta della fuga dei cervelli dall’Italia.
E tali gravi perdite di capacità e risorse umane solo per risparmiare, con miope visione politica ed economica, cifre modeste per il bilancio pubblico. A fronte di un onere annuo per specializzando che non arriva a 25.000 euro, mille specializzandi in più comporterebbero un costo complessivo massimo di 25 milioni di euro, che certo non può alterare i risultati di bilancio pubblico (800 miliardi) che, se del caso, in ben altri settori meriterebbe interventi di riduzione.
La formazione dei medici specializzandi, con il loro pagamento durante il periodo, sarebbe invece un utile investimento produttivo che si rifletterebbe anche con effetti positivi sul Pil dell’anno e su quello degli anni successivi, sull’occupazione oltre che sulla qualità del servizio sanitario e della ricerca scientifica. La decisione ministeriale non tiene in alcun conto le evidenti osservazioni sopra formulate, né sembra avere alcuna considerazione per quella che è l’utilità socio-economica degli investimenti. In Italia ci si lamenta per la disoccupazione giovanile, ma quando, come nel caso in oggetto, si ha l’occasione di occupare dei giovani consentendo loro della formazione specifica che produrrà positivi effetti economici e sociali nel futuro, si tagliano in modo irrazionale e ingiustificato le modeste risorse necessarie.
Sembra quasi che vi sia una sorta di complessata volontà politica che rifugge dalla qualità e non vuole incentivare l’eccellenza. Non si vuol comprendere che l’opera buona del singolo è opera a favore di tutti. Si rinuncia a promuovere in Italia la qualità e l’eccellenza omologando la riduzione di un investimento necessario e produttivo, anche in termini di qualità e formazione culturale, con eventuali tagli di spese inutili che addirittura determinano sprechi e inefficienze. Sembra impossibile che la nostra Repubblica non sia in grado di reperire modeste risorse di alcuni milioni di euro per consentire la formazione di medici specialisti di cui vi è e vi sarà maggiormente nel futuro evidente necessità ai fini di preservare la qualità del servizio sanitario anche sotto il profilo economico (basti pensare in proposito a quanta importanza può avere un servizio sanitario efficiente al fine dell’accoglimento dei flussi turistici).
Si procede invece al taglio dei medici specialisti come si potrebbe tagliare il numero delle auto blu che anzi, a dire il vero, non vengono eliminate. Si rinuncia alla qualità e alla formazione culturale di giovani che si impegnano e lo meritano e con fredda e inutile logica ragionieristica si attuano presunti risparmi invece di investire su elementi produttivi sul piano sociale ed economico. Quasi vi fosse una volontà di appiattimento verso il basso e si volesse impedire la formazione di elite specialistiche che invece forniscono un servizio di qualità e fungono da traino sociale. Si favoriscono invece formazioni culturali generalistiche e approssimative che sono la vera anticamera della disoccupazione giovanile. E così tanti giovani capaci e volonterosi, dopo che lo Stato e le famiglie hanno investito su di loro, se ne vanno all’estero, dove sono molto ben accolt,i e qui restano i disoccupati.