In America la notizia, pubblicata originariamente dal New York Post, ha fatto molto scalpore. La storia è quella di un noto giornalista della Abc, Don Ennis, che qualche settimana fa cambiò ufficialmente sesso, diventando donna. Il che significava vestirsi con tanto di parrucca, gonna e quant’altro e finire con il divorzio dalla moglie. Cambiò anche none, diventando Dawn. Passano pochi mesi e siamo ad agosto: Dawn ammette di aver avuto una crisi di amnesia e vuole tornare a essere un uomo, il vecchio Don che conoscevano tutti. Chiede ai suoi colleghi di aver pazienza, ma si trattava, dice, di una diagnosi sbagliata: ho già ricominciato a usare il bagno degli uomini, dice, particolare che evidentemente in casi come questi deve significare parecchio. Si affretta però ad assicurare tutti i movimenti gay che rimane un convinto sostenitore della diversità, dei transgender e dei matrimoni fra persone dello stesso sesso. Come spiega in un articolo il sito Catholic World Report, è ovvio che l’uomo, pur tornando al suo sesso originario e non essendo più un transessualer, debba per forza dichiarare il suo sostegno ai movimenti gay, altrimenti rischierebbe l’ostracismo al lavoro, sarebbe considerato contrario a chi è transgender e via così. Il riferimento è al potere che ormai in America le associazioni gay hanno su questi argomenti: anche un caso bizzarro, tutto da approfondire nei suoi vari aspetti, come quello di questo giornalista dell’ABC potrebbe rivelarsi un boomerang che danneggia l’attività professionale. L’argomento è molto sentito in America e non solo. Un interessante punto di vista, come riporta il sito, è quello di un articolo pubblicato originariamente nel 2000 dal filosofo Carl Elliott che sostiene con i transessuali non siano una conseguenza delle nostre condizioni storiche e culturali, ma siano stati creati e inventati da queste tradizioni. Da quando cioè casi come questi e la loro terminologia sono diventati di uso comune nel linguaggio, sempre più gente ha cominciato a interpretare le loro esperienze di vita in questi termini. Una sorta di contagio culturale, insomma, che prima non era neppure concepito. Arrivando a ripensamenti repentini come quelli di Dawn, anzi Don.