L’omelia di Monsignor Massimo Camisasca alla santa Messa nei Primi Vespri della solennità di Maria Madre di Dio, Reggio Emilia, Santuario della Madonna della Ghiara.
Cari fratelli e sorelle,
siamo arrivati all’inizio di un nuovo anno. Sappiamo tutti quanto siano convenzionali queste scansioni del tempo. Esso, il nostro tempo interiore, ha altre ragioni di divisione e continuità. Eppure sono utili le suddivisioni in mesi e anni. Non solo per necessità legate alla convivenza civile, ma perché ci obbligano a riflettere sul senso del tempo che passa e, in ultima analisi, sul senso della nostra stessa esistenza.
La nostra vita ha una direzione? Il tempo è un cammino verso qualcosa o qualcuno? Oppure è semplicemente un camminare senza meta e senza senso?
Nessun essere ragionevole (anche colui un significato non lo ha trovato e dispera di poterlo mai trovare) accetterebbe a cuor leggero la definizione della sua esistenza come un vagolare senza alcuna prospettiva.
È innegabile che la nostra vita abbia una direzione. Tutto ciò che facciamo ha sempre un fine. «Ciascun confusamente un bene apprende / nel quale si queti l’animo, e disira; / per che di giugner lui, ciascun contende» (Purgatorio XVII 127-129), ha scritto Dante nella sua Commedia. Il fine che noi poniamo alle nostre azioni rivela il peso e la grandezza delle nostre giornate o, all’opposto, la loro meschinità, la loro pochezza.
Se guardiamo bene ci sono tre scopi possibili delle nostre azioni: noi stessi, gli altri, Dio. Una vita felice e realizzata è quella che non nega nessuno di essi, ma sa tenerli assieme per grazia del Signore. Come ha fatto Gesù: Ama il prossimo come te stesso (cfr. Mt 19,19); ama Dio con tutto te stesso (cfr. Mt 22,37). Il vangelo di questa festa ci aiuta proprio in questo cammino.
I pastori andarono senza indugio. Dunque, uscirono dal sonno della loro notte, uscirono da loro stessi, senza soffermarsi troppo sui problemi che poteva provocare questo loro cammino, per andare a vedere il fatto annunciato. Sono spinti certamente da una voce, da una luce interiore, da una attrattiva, da una promessa. Le parole degli angeli svelano ai pastori chi è quel bambino. Parlano loro della promessa. Anche a noi, questa sera, è rinnovata una promessa per il tempo che ci attende.
Trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato in una mangiatoia. Dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. I pastori vedono e ascoltano. Quando usciamo da noi stessi incontriamo fatti e parole. Le parole illuminano i fatti. Ma ci sono anche parole che possono nasconderli o cancellarli dal cuore. Cerchiamo allora quelle parole che ci svelano la realtà, non quelle che ci riferiscono menzogne o semplici fantasie.
Cari fratelli e sorelle, uscendo da noi per ritrovare noi stessi ascoltiamo la Parola del Signore che risuona nella Chiesa, nella Sacra Scrittura, nelle parole dei vescovi e del Papa, nelle parole dei santi, anche di quelli che vivono accanto a noi.
Nei fatti che accadono, illuminati dalla parola del Verbo, il Figlio unigenito di Dio fatto uomo per noi, siamo aiutati così a vedere il disegno di Dio e a scoprire il senso del tempo.
I pastori se ne tornarono glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano visto e udito… Tutti quelli che udivano, si stupirono delle cose dette loro dai pastori.
I pastori diventano testimoni. Lodano Dio per il tempo ritrovato, per la grande scoperta che cambia completamente il volto della loro esistenza. Sanno perché vivono e sanno dove andare. Sanno perché sono al mondo e sanno dove va la vita dei singoli e la storia degli uomini.
Mettiamoci, dunque, anche noi alla scuola di Gesù per imparare il senso e il peso del tempo.
Diventiamo anche noi, come loro, annunciatori della bella notizia: il tempo è un sacramento di Dio, è l’occasione per conoscerlo e orientare la nostra vita verso il bene, la luce, l’amore ai fratelli.
Amen.