Viaggio da dimenticare per tre giovani ragazzi di Macerata che poco prima di Natale avevano deciso di trasferirsi a New York per inseguire il sogno americano. Ecco cos'è successo.
Viaggio da dimenticare per tre giovani ragazzi di Macerata che poco prima di Natale avevano deciso di trasferirsi a New York per inseguire il sogno americano. Dopo essersi diplomati all’istituto alberghiero, i tre (Giorgia, il fidanzato Jonathan e un loro amico) sono sbarcati nella Grande Mela per tentare di lavorare come cuochi, ma non appena atterrati è iniziato l’incubo. Come riporta il Resto del Carlino, i giovani protagonisti di questa disavventura sono stati bloccati all’aeroporto internazionale JFK perché in possesso di un visto turistico e non di quello per motivi di lavoro: sono stati quindi trattenuti e portati nel carcere del New Jersey, dove sono rimasti per ben tre giorni. “Siamo stati trattati come criminali, umiliati: tre giorni che non dimenticheremo”, raccontano oggi. Le autorità americane li hanno poi rispediti a casa con il divieto di tornare negli Stati Uniti per almeno dieci anni. “Alla dogana hanno cominciato a controllare i documenti, poi ci hanno accompagnato in una stanza a parte e hanno tirato fuori tutto dalle valigie – racconta Giorgia al Resto del Carlino – Quando hanno visto le uniformi da cuoco, ci hanno detto che eravamo andati lì per lavorare, pur avendo il visto solo per turismo. Ci hanno fatto spogliare e perquisito ovunque”. Prosegue Jonathan: “Io sono stato ammanettato, Giorgia no. Ci hanno caricati su una camionetta, tenendoci lontani perché non potessimo parlare, e portati in carcere nel New Jersey. E lì è stato un incubo. Ci hanno sequestrato tutte le nostre cose, non abbiamo potuto chiamare nessuno e ci siamo ritrovati in cella. Lei era da sola, io con due ergastolani messicani. Ero devastato dalla sete, perché da bere ci davano solo il succo d’uva e non l’acqua. Anche il cibo era immangiabile”. Alla fine sono stati liberati e portati allo scalo di New York: “Abbiamo passato due notti in carcere. Poi sempre con la camionetta della polizia ci hanno riportato all’aeroporto. Lì è stata una vergogna incredibile: eravamo sporchi, scortati dalla polizia, Jonathan ancora con le manette. Tutte le persone che erano lì, vedendoci così, avranno pensato che eravamo due criminali”.