Si riapre per l’ennesima volta il caso della coppia in cui il marito ha cambiato sesso diventando donna. I due, regolarmente sposati da tempo, si erano visti arrivare l’annullamento del matrimonio prima dall’amministrazione comunale, poi dal tribunale. Hanno fatto ricorso e la Consulta ha dato loro ragione con una sentenza che di fatto apre alle unioni civili. E’ illegittimo, dicono i giudici, non permettere a una coppia qualora lo richieda di mantenere in vita il proprio matrimonio anche se uno dei due ha cambiato sesso. Questo vuol dire che la legge deve consentire forme di convivenza registrate e regolarmente riconosciute dalla legge che non siano esclusivamente quelle fra uomo e donna. Il tribunale infatti aveva annullato il matrimonio della coppia perché la legge italiana non prevede matrimoni fra persone dello stesso sesso. La legge 164 del 1982 è incostituzionale, si legge ancora, perché una volta che viene sciolto un matrimonio per cambiamento di sesso non consente altre forme di convivenza regolate dalla legge. Nel caso in questione il matrimonio della coppia bolognese rimane nullo, ma la sentenza della Consulta è un chiaro invito a chi di dovere a formulare un aleggi che consenta di fatto le unioni civili o i Pacs. Lo si legge nella sentenza: “massima sollecitudine a introdurre una forma alternativa e diversa dal matrimonio che “consenta ai due coniugi di evitare il passaggio da uno stato di massima protezione giuridica ad una condizione di assoluta indeterminatezza”. Una unione, si legge ancora, che garantisca gli stessi diritti del persone sposate.