Papa Francesco ha preso spunto per la sua omelia durante la messa mattutina a Casa Santa Marta dal libro di Neemia, la gioia del popolo di Israele quando torna a Gerusalemme dopo la deportazione. Il popolo piange di gioia perché, ha spiegato il papa, ha ritrovato la propria identità che durante la prigionia si era persa. Succede anche a noi, ha detto, di perdere la nostra identità nel cammino della vita. “Quando tu hai perso quello che era tuo, la tua casa, quello che era proprio tuo ti viene questa nostalgia e questa nostalgia ti porta di nuovo a casa tua. Questo popolo con questa nostalgia, ha sentito che era felice e piangeva di felicità per questo, perché la nostalgia della propria identità lo aveva portato a trovarla. Una grazia di Dio”. Quando ci sentiamo soddisfatti, con la pancia piena, quando siamo tranquilli vuol dire che si è spenta la nostalgia di Dio: “Guardiamo questo popolo felice, che piangeva ed era gioioso. Un cuore che non ha nostalgia, non conosce la gioia. E la gioia, proprio, è la nostra forza: la gioia di Dio. Un cuore che non sa cosa sia la nostalgia, non può fare festa. E tutto questo cammino che è incominciato da anni finisce in una festa”. Il popolo di Israele piange di gioia perché ha ritrovato quello che la nostalgia gli faceva sentire: “Chiediamoci – ha concluso – come è la nostra nostalgia di Dio: siamo contenti, stiamo felici così, o tutti i giorni abbiamo questo desiderio di andare avanti? Che il Signore ci dia questa grazia: che mai, mai, mai, si spenga nel nostro cuore la nostalgia di Dio”.