Una ragazza down dalla nascita non può lavorare fino a quando non dimostra di essere ancora down, ma la sindrome di cui soffre è irreversibile, il paradosso burocratico
Eccesso di burocrazia evidentemente. Giada Gennaro, ragazza colpita sin dalla nascita dalla sindrome di down, pur essendosi diplomata con il massimo di voti all’istituto alberghiero, non ha diritto a lavorare come lei invece vorrebbe. Almeno fino a quando la Usl di Treviso, città nella cui provincia vive, non avrà fatto ulteriori verifiche per appurare se ha ancora la sindrome di down. Ovvio che la ragazza è ancora colpita dalla sindrome: scientificamente la trisomia 21 è irreversibile. Regolarmente iscritta al servizio di integrazione lavorativa non le viene concesso il permesso di accedere ad attività lavorative. Motivo: quando è diventata maggiorenne no si è sottoposta a una visita medica che dimostri se è ancora down o no. Burocrazia all’ennesima potenza, ovviamente. Intervistata dal quotidiano Libero, la madre ha dichiarato: “Quando Giada era piccola ogni anno ci siamo recati alle visite di revisione sulla sua sindrome poi, nel 2012, abbiamo ottenuto la pensione di accompagnamento e ci hanno fatto sapere che non ci sarebbe più stato bisogno di revisioni”. Ma l’USL insiste: a 18 anni doveva fare un nuovo esame. Adesso, dice ancora la madre, bisognerà aspettare almeno otto mesi per la visita richiesta: “Siamo stanchi: perché per questi ragazzi c’è sempre qualche ostacolo?”.