Il 12 novembre è il giorno in cui la Chiesa cattolica celebra San Diego d’Alcalà, uno dei più popolari nelle Americhe e in Spagna. Della parte iniziale della sua vita si sa molto poco, se non che nacque a San Nicolas del Puerto. Le prime notizie compiute si hanno riguardo alla sua gioventù, che si sviluppò subito nel senso di una fede vissuta in modo molto restrittivo, tanto da spingerlo a farsi eremita nei pressi del paese nativo. Tra una preghiera e l’altra San Diego coltivò un orto e dette luogo alla produzione di oggetti uso domestico, da scambiare con panni coi quali potersi vestire. Si recò poi ad Arizafe, un convento francescano ubicato nei dintorni di Córdoba, ove condusse il noviziato in qualità di fratello laico. Nel 1441 nonostante non fosse stato ordinato prete, fu quindi inviato nelle Canarie, con il compito di meglio radicarvi il cristianesimo, in un contesto ancora impregnato di vecchi umori prossimi al paganesimo. Una missione da lui svolta egregiamente, sino a sollevare l’irritazione dei conquistatori, ai quali conveniva invece tenere gli indigeni nella superstizione e, soprattutto, nella totale sottomissione.
Nel 1446 fu promosso alla carica di guardiano del convento di Fuerteventura, a testimonianza dei successi conseguiti, per poi tornare in patria nel 1449, appena in tempo per trasferirsi a Roma e assistere al Giubileo dell’anno successivo. All’arrivo della peste nel cuore del cristianesimo, buona parte della Curia optò per l’abbandono della città, ma non lui, che anzi decise di organizzare i soccorsi per i confratelli colpiti dal morbo nella struttura predisposta all’interno del convento dell’Aracoeli. Inoltre si adoperò per cercare di rimediare alla disorganizzazione nella distribuzioni dei viveri derivante dalla paura ormai diffusasi in città. Una prova durissima, quindi, nella quale dette prova di grandi capacità, terminata la quale riprese la via della Spagna. Tornato in patria servì una serie di comunità per poi passare gli ultimi giorni della sua vita terrena nel convento di Alcalá de Henares. Proprio nel corso degli ultimi anni di vita, la sua fama, ormai estesa in tutto il paese, fu resa ancora più salda dalle voci sui prodigi a lui riferiti, che avrebbero poi dato materia alle illustrazioni contenute nei cicli pittorici di Annibale Caracci e Bartolomé Estéban Murillo. Dopo il suo decesso, avvenuto nel 1463, la fama della sua santità non solo perdurò, ma fu addirittura rinvigorita, tanto da spingere nel corso del secolo successivo Filippo II a spendersi per la causa canonica intestata a suo nome. Fu infine proclamato santo da Papa Sisto V nel corso del 1588.
È patrono di Canicattì, popoloso centro siciliano posto nell’hinterland di Agrigento, noto anche per essere sede dell’Accademia del Parnaso, una istituzione culturale che aveva nel suo Statuto il potere come oggetto di contestazione. A livello economico la cittadina ha osservato un forte periodo di sviluppo sin dalla fine dell’Ottocento, ponendosi al centro di attività commerciali e industriali di rilievo. Uno sviluppo diventato addirittura impetuoso negli anni del boom economico, ovvero alla fine degli anni ’60 del ventesimo secolo, quando a favorire lo sviluppo della zona fu la coltura dell’uva bianca da tavola, in particolare la varietà Italia. Uno sviluppo talmente impetuoso da porre Canicattì in competizione coi centri del Nord, ma poi spentosi proprio in concomitanza con la crisi dell’uva, impossibile da sopperire in una zona a monocoltura. Ciononostante l’agricoltura è rimasta la prima fonte economica cittadina.
Tra le tante chiese che adornano Canicattì, oltre a quella Madre spicca proprio quella dedicata a San Diego d’Alcalà, sede della Confraternita dei Santi Sebastiano e San Diego, alla cui parrocchia è demandata l’organizzazione della processione del venerdì Santo, tradizionale ed estremamente sentita.