Ylenia Carrisi morta/ L’esperto: un “cold case” in cui ha pesato la confusione di Al Bano e Romina

- int. Luca Steffenoni

Il caso della scomaprsa di Ylenia Carrisi, figlia di Al Bano e Romina, a una svolta decisiva? Uno sceriffo americano ha richiesto il dna dei familiari, ce ne parla LUCA STEFFENONI

ylenia-carrisi_R439 Ylenia Carrisi

Riaperto a sorpresa il caso di Ylenia Carris. Ecco le tappe fondamentali. iL’ultima telefonata di Ylenia arriva a casa Carrisi quando in Italia è già il primo gennaio del 1994, ma a New Orleans, dove si trova Ylenia, è ancora il 31 dicembre. La ragazza parla tranquillamente e affettuosamente con la madre soltanto. Due giorni prima infatti secondo le ricostruzioni c’era stata una discussione tumultuosa con il padre: Al Bano infatti non aveva mai approvato la decisione della figlia di girare il mondo da sola. I fatti purtroppo gli avrebbero dato ragione. Nei giorni seguenti Ylenia non si fa più viva e solo il 6 gennaio la polizia americana comincia a cercarla, un ritardo grave. Da quel momento di lei non si saprà più niente e le ipotesi più fantasiose continueranno ad accumularsi: il suicidio, il rapimento, un musicista di strada con cui Ylenia aveva fatto amicizia sospettato a lungo, anche la droga entra nel calderone. Poi, più di vent’anni dopo, quando già Al Bano ha fatto fare la dichiarazione di morte ufficiale al tribunale di Brindisi (Romina è contraria perché non si è mai rassegnata) la svolta clamorosa. Uno sceriffo di Palm Beach in Florida chiede il dna dei due ex coniugi e degli altri figli. Perché? Ne abbiamo parlato con il criminologo Luca Steffenoni, ecco cosa ci ha detto.

Dopo più di vent’anni la riapertura inaspettata del caso. Eppure non mancavano gli elementi già allora: nove mesi dopo la scomparsa di Ylenia viene trovato il corpo di una donna a Holt, in Florida. Due anni dopo un camionista, Keith Jesperson, confessa di aver ucciso otto donne tra cui una ragazza a cui aveva dato un passaggio che si faceva chiamare Suzanne, esattamente come si faceva chiamare Ylenia in America. Come mai questo ritardo?

In America come ci insegnano televisione e film ci sono reparti specializzati nei cosiddetti “cold case”, i delitti irrisolti, che si occupano sia di ritrovamenti che di riconoscimenti. Ci sono casi che risalgono a ben più di vent’anni fa su cui si indaga ancora. 

Ma cosa ha spinto secondo lei questo sceriffo a collegare finalmente quel corpo a Ylenia?

Probabilmente al di là delle dichiarazioni del camionista hanno fatto una ricostruzioni proprio su quanto fossero attendibili le sue parole e quel ritrovamento, lavorando a identikit e ai resti della donna trovata nel 1994. Questi accertamenti li fanno quando ci sono riscontri significativi dal presunto colpevole, cioè dichiarazioni un minimo attendibili. Hanno sicuramente fatto ricerche su cittadini americani scomparsi in quel periodo e sono arrivati a collegarsi con Ylenia.

Se oggi hanno agito bene, però concorderà che allora non si mossero molto tempestivamente: bastava collegare Ylenia, il camionista e quel corpo ritrovato, no?

Bisogna dire che il caso di Ylenia fu molto pasticciato sin dagli inizi.

In che senso? 

C’è stata sicuramente una gran confusione dovuta anche un po’ alla famiglia. Ricordo che rifiutarono a lungo l’ipotesi di un possibile omicidio, si parlò di litigi tra figlia e genitori, si tirò fuori l’ipotesi dell’uso di stupefacenti da parte di Ylenia. I familiari almeno inizialmente collaborarono poco e questo danneggiò le indagini. 

Il fatto che non fosse una cittadina americana può aver rallentato le indagini?

Potrebbe essere, ma non certo per razzismo, ma diciamo per “economia” visto quanti casi analoghi di loro cittadini hanno di cui occuparsi.

 

Le ricerche partirono anche con un certo ritardo, quasi una settimana dopo la scomparsa. 

 

Infatti: Al Bano va detto che si mosse tardi. C’era conflittualità tra padre e madre sul perché poteva essere scomparsa, i classici fattori che non hanno aiutato la polizia. Se la famiglia non è certa di quel che è accaduto, dice ad esempio che la figlia chiamava sempre casa e non poteva essere scomparsa, si creano confusione e rallentamento.  

 

Le ipotesi che si sono fatte in questi anni sono state molteplici.

 

Al Bano ha sempre sostenuto di non credere all’ipotesi del suicido, ma si cercò a lungo nel Mississippi. Poi venne tirato fuori il musicista di colore sospettato di essere stato l’assassino o comunque di aver indotto la ragazza a drogarsi. Sicuramente i familiari erano in buona fede, ma non hanno aiutato molto le indagini.  

 

Che ipotesi fa adesso? Siamo alla svolta decisiva?

 

Per dire che non sia anche questa una falsa pista dobbiamo aspettare. I resti, lo scheletro, permettono un’ottima analisi del dna. Diventa difficile quando ci troviamo davanti a un frammento su stoffa, su un’arma o un contatto accidentale. Nonostante quel che dicano certi indagatori in quei casi si entra in un settore fantascientifico. In questo caso invece se è Ylenia, avremo le prove.

 

Un caso tanto misterioso che alla fine si risolve in una sciocchezza evitabile, una ragazza che decide di girare l’America da sola in autostop e finisce tra  le mani del classico mostro…

 

Al Bano da quanto si è poi saputo si era detto sempre contrario a questa idea della figlia di andarsene in giro da sola. Probabilmente si è voluto anche salvaguardare l’immagine della famiglia, non ammettere cioè che avesse fatto davvero una stupidata. Sono convinto che ci sia stata buona fede da parte di tutti, ma poi alla fine il risultato è questo.





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