“Io sono uno degli 80 del VII Nucleo. Io ero quella notte alla Diaz. Io ci rientrerei mille e mille volte”. Un post che appare sulla pagina Facebook del poliziotto Fabio Tortosa, classe 1973, che rivendica l’operato degli agenti che nel corso del G8 di Genova fecero irruzione all’interno della scuola Diaz e picchiarono gli attivisti. È un agente del reparto mobile di Roma e dirigente sindacale del Consap. Un post che ha scatenato le polemiche soprattutto dopo la condanna all’Italia per il reato di tortura inflitto dalla Corte Europea. Alle affermazioni dell’agente, seguono i commenti dei colleghi: “In quegli anni e specialmente in quei giorni ho vissuto dei momenti che resteranno indelebili nella mia mente e nel mio cuore…eravamo 80 ma la nostra forza era inarrestabile… Ora non sono più con te Fabio come allora ma avrei dato chissà cosa per continuare a vivere con gente come te”. Intanto il poliziotto, intervistato a Radio Capital, ha aggiunto: “Non so qual è la critica. Non sono stato coinvolto in nessuna attività giudiziaria. Sì c’è stato un massacro, ma non operato da me o da chi mi circondava. Se sono state picchiate al di fuori delle norme di legge… Noi abbiamo ammucchiato le persone nella palestra. L’attività processuale non corrisponde alla realtà dei fatti”. Il post raggiunge 190 “mi piace”, e il 10 aprile l’agente scrive: “Esistono due realtà, due verità. La verità e la verità processuale. La verità processuale si è conclusa con una condanna di alcuni vertici della polizia di Stato e del mio fratello Massimo Nucera a cui va sempre il mio grande rispetto ed abbraccio. Poi esiste la verità, quella con tutte le lettere maiuscole. Quella che solo io e i miei fratelli sappiamo, quella che solo noi che eravamo lì quella notte sappiamo. Una verità che non abbiamo mai preteso che venisse a galla. Una verità che portiamo nei nostri cuori e nei nostri occhi a distanza di quasi 15 anni, quando quegli uomini incredibili si reincrociano in ogni piazza d’Italia in cui ci sia da avversare i nemici della democrazia. Quegli occhi che si uniscono in un abbraccio segreto. In un convenzionale e silenzioso ‘si’, lo sappiamo, ci hanno inc…. Ma che importa? non era la gloria quello che cercavamo. Quello che volevamo era contrapporci con forza, con giovane vigoria, con entusiasmo cameratesco a chi aveva, impunemente, dichiarato guerra all’Italia, il mio paese, un paese che mi ha tradito ma che non tradirò”. (Serena Marotta)