27 agosto, i greci cristiano-ortodossi ricordano San Fanurio, un piccolo santo nel loro calendario, un santo minore, il santo che si invoca per ritrovare oggetti e persone smarrite. Il nome stesso del santo è rivelatore, deriva dal verbo fanein che significa apparire, rivelare. Nel giorno della sua ricorrenza è tradizione preparare un dolce particolare, che contiene gli ingredienti più significativi di quel mare meraviglioso che bagna la Grecia: noci, uva sultanina, mandorle, sesamo, olio di oliva, vino. Lo si lascia sugli altari per tutto il giorno. Poi la torta di San Fanurio viene benedetta dal pope e poi distribuita ai fedeli. La terranno in casa fino all’anno successivo, una sorta di talismano contro furti e smarrimenti.
Il 27 agosto una donna greca, una ex fotomodella, probabilmente uno dei pochi greci in grado ancora di concedersi una vacanza, si trova in mare con il suo motoscafo. Si chiama Sandra Tsiligeridu. Mentre sta godendosi un bel giro, lei e le persone a bordo notano in mare un uomo che sembra morto. Lo tiene a galla un piccolo giubbotto di salvataggio. Lo tirano a bordo, è ancora vivo, seppure stremato. Racconterà di essere rimasto in acqua per tredici ore, è un profugo siriano. Era a bordo di un barcone con altri quaranta connazionali quando un remo è sfuggito in acqua. Lui non si è perso d’animo e si è gettato in mare per recuperarlo, pensando alla salvezza di quelli che erano con lui. Ma le forti correnti lo hanno trascinato via. Hanno solo fatto in tempo a gettargli il giubbotto di salvataggio ed è rimasto lì, in balia delle acque.
Ma quel giorno era San Fanurio, il santo delle persone smarrite. Lo ricorda all’inizio del suo post su facebook Sandra Tsiligeridu: “Ieri giorno di San Fanurio abbiamo salvato un uomo che da tredici ore era in acqua semi incosciente”. Poi una foto, l’uomo abbandonato come un Cristo morente tra le braccia della donna che lo sorregge e lo accarezza. “Si è sacrificato per gli amici” scrive ancora la donna, “mi sento benedetta”, conclude.
Non è l’unica immagine commovente che in questi giorni di apocalisse biblica che sconvolge l’Europa si trova sui social network. C’è ad esempio una immagine bellissima di una giovane donna sui binari di una stazione della Macedonia, che stringe in braccio il suo bambino, il capo coperto da un velo. Sembra una Madonna, la Madonna di questo terzo millennio. E poi c’è la foto del siriano che vende penne per strada a Beirut, sulle spalle la figlia addormentata.
C’è chi grida all’invasione, chi è terrorizzato d questa gente, chi costruisce muri e spara lacrimogeni sui disperati, chi è arrivato a marchiare sul braccio i migranti che entrano nel suo paese. Il mondo sta cambiando, non riusciamo più a controllare un evento che sta travolgendo ogni nostra ipotetica sicurezza.
Gli islandesi, davanti a questa “invasione”, dopo la proposta di ospitare alcuni migranti, una quota di 50, hanno risposto in 12.600: siamo pronti a ospitarne uno o più per casa. “I rifugiati sono risorse umane, esperienza e capacità. I rifugiati sono i nostri prossimi sposi, migliori amici, anime gemelle, o i batteristi della band dei nostri figli, i nostri colleghi o miss Islanda 2022, l’idraulico che ci sistemerà il bagno o il pompiere” dice la petizione che ha fatto il giro del paese.
Forse dovremmo metterci in testa questo, sempre che ci freghi qualcosa del prossimo e non dei nostri weekend in giro per le capitali europee o alle Maldive. Dovremo aprire le porte di casa a queste persone. Il mondo è cambiato, ci piaccia o no. C’è qualcuno che è pronto? Intanto si stanno muovendo i santi, come diceva la vecchia canzone: “i santi arrivano marciando”. San Fanurio ad esempio si sta dando da fare.