I professionisti in campo medico ed infermieristico sono soliti usare il farmaco conosciuto come eparina perché rientra fra i medicinali “salvavita”. Se usate in dosi elevate diventa un’arma letale ed è proprio in questo modo che Fausta Bonino ha ucciso diverse volte. L’eparina è un polisaccaride che ha in prevalenza una base solforosa oltre che sodica ed acida e si trova comunemente nel fegato, negli intestini e nei polmoni di tutti gli esseri viventi. In medicina viene normalmente impiegato come coagulante perché riesce, soprattutto in caso di operazioni o rischio di trombi, la formazione di cumuli di sangue all’interno dei vasi sanguigni. L’eparina si lega infatti in modo naturale ad un enzima del sangue, l’antitrombina III, che una volta attivata, disattiva invece la trombina ed altre sequenze preposte alla coagulazione del sangue. Nel caso di Fausta Bonino, le dosi usate sono molto al di sopra dei livelli consentiti e causano, di contro, gravi emorragie interne.
Ha sconvolto l’Italia intera la vicenda di Fausta Bonino, l’infermiera dell’ospedale di Piombino accusata di avere ucciso 13 pazienti tra il 2014 e il 2015 tramite delle infiltrazioni letali di eparina. Un bilancio pesantissimo che non è escluso possa aumentare quando sotto la lente d’ingrandimento finiranno i decessi avvenuti nel reparto di anestesia e rianimazione dell’ospedale civile toscano negli anni precedenti. A confermare questa terribile ipotesi è il colonnello dei Carabinieri Erasmo Fontana, che ai microfoni de “La Repubblica” non esclude che nei 20 anni di servizio prestati all’interno della struttura sanitaria la Bonino non possa essersi resa protagonista di altri omicidi:”Le indagini sono ancora in corso”, ha detto Fontana, “il quadro indiziario è aperto. C’è ancora l’ipotesi del movente che deve essere ben definita. Questi 13 casi hanno trovato una convergenza nel fornire la responsabilità all’infermiera che poi abbiamo tratto in arresto”.
Starebbe emergendo un quadro inquietante in seguito all’arresto di Fausta Bonino, l’infermiera killer che avrebbe ucciso 13 pazienti presso l’ospedale di Piombino nel quale prestava servizio, iniettando loro vere e proprie bombe di eparina. Secondo quanto emerso in un servizio trasmesso al Tg1 delle 16:15, l’accusa per Fausta Bonino sarebbe gravissima: omicidio continuato aggravato dalla crudeltà. La donna lavorava da 20 anni come infermiera ma da una anno circa era stata trasferita in un altro reparto. La conseguenza diretta del suo trasferimento era stata la riduzione dei pazienti deceduti e proprio questo avrebbe fatto scattare l’allarme. La donna pare soffrisse di disagi psichici ed abusasse di alcol e psicofarmaci. In base a quanto scrive il Corriere.it, dalle intercettazioni che avrebbero poi portato al suo arresto sarebbe emersa una personalità spietata e calcolatrice, tanto da aver “cercato una rete di solidarietà fra le colleghe” dopo aver intuito che stava per cadere in trappola. L’infermiera killer sarebbe stata descritta come una persona che agiva in modo “subdolo e insidioso” per i “propri scellerati propositi”.
Dopo la notizia dell’arresto di Fausta Bonino, l’infermiera 55enne accusata di aver ucciso 13 pazienti ricoverati all’ospedale di Piombino, in provincia di Livorno, dove la stessa lavorava, emerge il profilo psicologico della donna. E’ il quotidiano La Stampa a fornire informazioni sulla situazione psicologica dell’infermiera killer. Informazioni che non racchiuderebbero il movente ma sicuramente un quadro di complessità nella vita della donna. Fausta Bonino, infatti, secondo il quotidiano soffriva di depressione ed abusava di alcol e psicofarmaci. La donna ora in carcere, prestava servizio presso il reparto di Anestesia e Rianimazione dell’ospedale dove hanno perso la vita 13 pazienti fra i 61 e gli 88 anni. Secondo una prima ricostruzione, l’infermiera era solita somministrare alle vittime dosi massicce di eparina, un farmaco anticoagulante non previsto dalle terapie prescritte ai pazienti in questione e che avrebbero fatto registrare quantità dieci volte superiori a quelle consentite da una nomale terapia.
SI è conclusa la conferenza stampa sul caso dell’infermiera killer tenuta dai Nas di Livorno: è stato divulgato il nome della donna, Fausta Bonino, 56 anni di Savono e residente a Piombino, sposata con due figli e arrestata di ritorno dal viaggio a Parigi dove abita uno dei due figli. Per l’accusa ha ucciso 13 pazienti ricoverato nel reparto di anestesia e rianimazioni dell’ospedale di Piombino con iniezioni di eparina per 12 su 13 pazienti morti in circostanze strane. Le vittime hanno tra i 61 e gli 88 anni, hanno raccontato poco fa i carabinieri di Livorno titolari delle indagini, ed erano in gravi condizioni ma non in pericolo di vita. Nell’ordinanza di arresto si fa riferimento alla presenza sul luogo per tutti i 13 decessi dell’infermiera presunta killer: nel sangue dei pazienti uccisi sono stati trovati forti tracce di eparina, segno di dosi massicce usata per provocare emorragie letali. Per questo motivo 12 dei 13 decessi sono avvenuti per coagulazione del sangue, uno invece per infarto: i fatti vanno dal gennaio 2014 al settembre 2015, dopodiché è stata spostata di reparto.
Arresto choc a Piombino per l’infermiera killer: è accusata di aver ucciso 13 pazienti in ospedale tra il 2014 e il 2015. È stata arrestata questa mattina dai Nas dei Carabinieri con l’accusa di reato di omicidio volontario e continuato, con la firma del gip del Tribunale di Livorno, Antonio Pirato. Secondo le indagini l’infermiera 56 anni, originaria di Savona ma in Toscana dagli anni ’80 (fonte Ansa), è ritenuta responsabile del reato di omicidio volontario contro pazienti ricoverati con varie patologie presso l’Unita Operativa di Anestesia e Rianimazione dell’ospedale civile di Piombino. L’arma usata è un farmaco non previsto dalle terapie prescritte ai pazienti: dopo l’arresto è stata immediatamente trasferita nel carcere di Pisa dai Nas di Livorno dove incominceranno i vari rituali di carte e documenti utili per i procedimenti giudiziari. In una conferenza stampa a Livorno del Comandante dei Nas, è stato riferito che l’infermiera presunta killer soffriva da tempo di crisi depressive ed era in cura fino al 2015, quando poi ha smesso di seguire terapie e questo “potrebbe essere un possibile movente e motivazione per gli orrendi delitti di cui è accusata l’operatrice sanitaria.