Anche gli inquirenti sono “confusi” per il comportamento di Pietro Maso: dopo la pubblicazione delle intercettazioni di pochi giorni fa in cui si sente un “devo finire il lavoro di 25 anni fa” (dopo lo spietato omicidio dei genitori per cui si è fatto 22 anni dei 30 di condanna) i sospetti sulla sua pericolosità sono ovviamente tornai alti. Si è andati oltre le ritorsioni per quella segnalazione da parte delle sorelle che ha fatto partire le nuove indagini a carico suo. Per gli inquirenti le minacce sono credibili, riporta anche il quotidiano locale Verona Sera, tanto che la protezione per le sorelle Laura e Nadia è stata intensificata con foglio di via obbligatorio per Maso notificato dalla Questura di Milano. Ma che fine ha fatto il galeotto redento che aveva scritto la lettera al Papa quando uscito di galera? È pericoloso come ha detto il procuratore Schinaia oppure davvero è tutto un “qui pro quo” risolvibile nei prossimi giorni? Il sospetto è che la buona condotta per cui è stato liberato potrebbe non bastare e il rischio di tornare in carcere ora è molto alto.
E’ stata rafforzata la protezione alle sorelle di Pietro Maso, dopo che l’uomo le avrebbe minacciate di morte. Lo riporta l’agenzia di stampa Askanews, citando i quotidiani locali. I carabinieri di San Bonifacio, in provincia di Verona, avrebbero dunque intensificato la sicurezza per Nadia e Laura Maso dopo aver intercettato alcune telefonate in cui Pietro le minacciava di morte. Pietro Maso ha oggi 44 anni ed è il reo confesso di uno dei più clamorosi casi di omicidio della cronaca italiana. Aiutato da tre amici, il 17 aprile 1991 nella sua casa di Montecchia di Crosara uccise entrambi i genitori, Antonio Maso e Mariarosa Tessari, per intascare subito la sua parte di eredità. Arrestato il 19 aprile 1991, è stato condannato definitivamente a trent’anni di carcere, con il riconoscimento della seminfermità mentale al momento del fatto. Ha scontato 22 anni dei 30 di condanna, uscendo dal carcere nel 2013.
Ritorna ancora una volta sulle pagine di cronaca Pietro Maso, condannato per aver ucciso i genitori nel ’91. Già nel gennaio scorso, le due sorelle Nadia e Laura che avevano preso subito le distanze da Maso all’epoca dei fatti, avevano manifestato agli inquirenti la preoccupazione che il fratello Pietro fosse ritornato quello d’un tempo. Un’ipotesi ancora più agghiacciante se vista nell’ottica degli ultimi messaggi intercettati. Le due donne non sono le uniche ad essere al centro del suo istinto omicida, dato che a cavallo fra il 2015 ed il 2016 proprio a Nadia Maso arrivò un messaggio per errore in cui il fratello minacciava un ex amico. Scattano subito le intercettazioni da cui emergono altre parole di minaccia in cui Pietro Maso spiega a due persone diverse di voler far del male alle sorelle. Già l’8 gennaio scorso, all’epoca della prima denuncia, Nadia e Laura avevano espresso la volontà di aiutare Pietro piuttosto che di creargli un danno. Come riporta Il Mattino, il loro difensore, l’avvocato Agostino Rigoli, lo stesso legale che ingaggiarono negli anni del delitto di 25 anni fa, aveva affermato che le due donne lo avevano “fatto per lui, perché ha bisogno di aiuto. Ma l’ultima intenzione che abbiamo è di danneggiarlo”. Al centro delle minacce di Pietro Maso ci sono ancora una volta i soldi. Niente è quindi rimasto invariato rispetto a quella notte in cui decise di uccidere i genitori assieme a tre complici, acquattati nell’ombra ad attendere il loro rientro in casa. L’sms diretto all’ex amico Fabio nascondeva infatti la volontà di Maso di riavere i 25 mila euro che gli aveva prestato. L’amico -ormai ex- in questione si era rifiutato di restituirglieli e la rabbia di Maso non aveva tardato a farsi sentire. Sempre l’avvocato delle sorelle, Agostino Rigoli, aveva voluto “segnalare il suo stato di precarietà psicologica e comportamentale”. Secondo Nadia e Laura, infatti Pietro Maso sarebbe ripiombato nel delirio di onnipotenza di più di 20 anni fa, quello stesso che lo spinse ad ideare uno dei delitti che sia per la modalità sia per il movente sconvolse maggiormente l’Italia. Riguardo a quella notte, Pietro Maso descrisse nel suo libro Il male ero io, pubblicato nel 2013, i dettagli dell’atroce omicidio in cui persero la vita il padre Antonio e la madre Rosa. Sono parole terrificanti che risaltano ancora di più se si considera la freddezza con cui sono stati commessi i fatti. “Devo lavarmi. Apro a manetta l’acqua calda, tengo la testa bassa. Fisso le macchie sul dorso delle mani. È sangue. È il sangue di mio padre. È il sangue di mia madre. Ci è schizzato sopra, sulle dita. Ma io lo vedo allargarsi sulla pelle, dappertutto. Schiaccio sul dosatore del sapone. Schiaccio, ne voglio tanto. Devo lavarmi bene. Lavo e lavo e lavo ancora. Non so quanto dura: attimi, minuti, mesi, anni. Alzo gli occhi, punto lo specchio. Mi vedo. Mi vedo. È la mia faccia. E non è la mia faccia. Sono io. E non sono io. Giorgio mi spunta alle spalle. A bruciapelo gli chiedo: ’Guardami, guardami bene: sono diverso?”. Ora l’Italia si chiede se invece Pietro Maso non sia rimasto identico a quella notte, fermo in un limbo di follia che potrebbe portarlo ad uccidere ancora.