Dopo poco più di 20 giorni dal suo arresto, Fausta Bonino, la presunta infermiera killer, è stata scarcerata. E’ questa la notizia dell’ultima ora che riguarderebbe il caso delle 13 morti sospette avvenute nell’ospedale di Piombino e più precisamente nel reparto di Rianimazione dove per anni ha lavorato la Bonino, fino al trasferimento in un nuovo reparto (con la conseguente diminuzione delle vittime). Secondo l’accusa, la Bonino avrebbe ucciso le sue vittime con dosi massicce di eparina, farmaco anticoagulante. La conferma della scarcerazione della presunta infermiera killer, è stata confermata dall’avvocato della donna, Cesarina Barghini, come riporta Il Secolo XIX, la quale ha specificato di non sapere ancora se la sua assistita sia a piede libero o ai domiciliari. “L’importante è che l’abbiano tirata fuori dal carcere”, ha commentato il legale. Fausta Bonino, sin dal suo arresto ha sempre sostenuto l’innocenza e l’estraneità rispetto alle gravi accuse mosse nei suoi confronti.
Il caso della presunta infermiera killer, la 55enne Fausta Bonino, sembra non placarsi. A scendere in campo nelle ultime ore è stata la commissione regionale d’indagine che ha definito inadeguata l’organizzazione del personale. La Saccardi, vicepresidente Regione Toscana, ha sottolineato l’anomalia relativa ai 6 decessi avvenuti nel 2014 nel giro di appena 100 giorni. Troppi per non sollevare già allora molte domande. Le medesime che sul caso si è posta anche la criminologa Roberta Bruzzone, commentando sulle pagine del settimanale “Giallo”. Secondo la Bruzzone, a carico di Fausta Bonino ci sarebbero numerosi indizi di colpevolezza che avrebbero portato il gip a convalidare il suo arresto, nonostante la presunta infermiera killer, dalla sua cella, continui a ribadire la sua totale innocenza. “A oggi i decessi ‘anomali’ su cui si indaga sarebbero ‘almeno 13’, ma non mi sorprende un ampliamento della lista delle presunte vittime”, sostiene la Bruzzone. Dopo il suo trasferimento dal reparto di Rianimazione dell’ospedale di Piombino ad un nuovo reparto, i decessi sarebbero diminuiti. “La domanda dunque, francamente sorge spontanea: possibile che nessuno si fosse accorto di nulla?”, si è chiesta la nota criminologa. Domanda, che oggi si pone anche la commissione regionale.
Polemica sulla decisione della Regione Toscana in merito alla vicenda della presunta “infermiera killer“, Fausta Bonino, accusata di aver provocato la morte di 13 pazienti. Dopo l’annuncio ieri, da parte dell’assessore alla Sanità della regione Toscana Stefania Saccardi, di una riorganizzazione della gestione del rischio all’ospedale di Piombino, interviene il vicepresidente della Commissione sanità del Consiglio regionale della Toscana, Stefano Mugnai. Questo il suo commento, riportato dall’agenzia di stampa Askanews: “Che sulla vicenda delle morti in corsia all’ospedale di Piombino per le quali è indagata una delle infermiere era evidente che qualcosa nel sistema sanitario e dei controlli non avesse funzionato. Da anni noi chiediamo una nuova organizzazione del rischio clinico. Saccardi la annuncia adesso, ma adesso è troppo tardi le morti ci sono state. Ed è triste, una maggioranza incapace di distinguere la politica dal buon senso e che quindi rimane sorda a prescindere alle proposte che arrivano dalle opposizioni”.
Il caso dell’infermiera killer, Fausta Bonino, accusata di aver provocato la morte di 13 pazienti, ha sollevato contestazioni anche sulla gestione dell’ospedale di Piombino in cui lavorava. Secondo la commissione regionale d’indagine, riporta Il Fatto Quotidiano, l’organizzazione del personale sarebbe “inadeguata” e la gestione del rischio clinico è carente. E questo perché, spiega Stefania Saccardi, vicepresidente Regione Toscana, il reparto di rianimazione e anestesia doveva accorgersi che i 6 decessi avvenuti nel 2014 nell’arco di 100 giorni erano anomali. Secondo la commissione la mancanza è data da carenze organizzative, a partire dalle conoscenze di base sulle fisiopatologie della coagulazione, fino alla leadership. La commissione non contesta tanto gli eventi in sé, perché atipici e difficilmente prevedibili, quanto piuttosto il processo corretto di analisi del rischio. Stando alla relazione regionale, tutti questi elementi vacillanti hanno comportato anche che la situazione sia stata presa “sotto gamba” e che quindi non ci sia stata una segnalazione sui decessi. La Saccardi ha specificato che proprio in base alle analisi effettuate, nei prossimi giorni verranno riorganizzate le “funzioni di gestione del rischio clinico, affidando a un professionista di indubbia esperienza l’incarico di riorganizzare la gestione del rischio clinico in tutta l’azienda, con particolare riferimento agli ospedali periferici”. Si parla quindi di un infermiere ed un medico, entrambi esperti nel rischio clinico, che andranno a supportare per almeno sei mesi il personale già presente nell’azienda ospedaliera.