La trasmissione di Italia 1, Le Iene Show, torna stasera con l’ultima puntata stagionale. Tra i tanti servizi della serata, anche quello realizzato da Cristiano Pasca che si concentrerà sulle stragi di mafia, intervistando due degli uomini che sono sopravvissuti ad altrettanti attacchi. Si tratta di Giovanni Paparcuri e Giuseppe Costanza, rispettivamente autisti di Rocco Chinnici e Giovanni Falcone, entrambi vittime della mafia. Come è cambiata la vita dei due sopravvissuti alle stragi? Gli intervistati ripercorreranno i momenti immediatamente successivi e racconteranno al pubblico de Le Iene come (e se) sono riusciti davvero a sopravvivere ai terribili attentati realizzati da Cosa nostra. Sono passati quasi 33 anni da quel 29 luglio 1983 quando in via Pipitone Federico a Palermo fu fatta saltare in aria una Fiat 126. Nella strage di mafia ordita ai danni del giudice Rocco Chinnici, oltre a lui persero la vita anche gli uomini che facevano parte della scorta ed il portiere dello stabile. A sopravvivere all’attentato fu Giovanni Paparcuri, autista del giudice vittima dell’attentato. Dopo la strage ed a distanza di molti anni, il pensiero di Paparcuri continua a restare legato a quel 29 luglio. Lo stesso ha commentato in una intervista a MeridioNews di quasi un anno fa: “Sono un superstite, ma di fatto sono morto quel giorno. Per anni ho vissuto con un enorme rimorso di coscienza. Alle commemorazioni mi nascondevo agli occhi dei parenti delle vittime per la vergogna di essere sopravvissuto”. Paparcuri nel 2009 è andato in pensione con la qualifica di commesso, ma non ha nascosto l’enorme delusione nei confronti dello Stato: “Lo Stato mi ha retrocesso. Mi sono sentito isolato e abbandonato. Non chiedevo medaglie o risarcimenti, ma una telefonata che non è mai arrivata. Neppure alle commemorazioni sono mai stato invitato. Eppure non ho mai avuto paura, nemmeno quando ho ricevuto minacce telefoniche”. A definirsi amareggiato però, non è solo l’autista sopravvissuto alla strage nella quale perse la vita Chinnici, ma anche Giuseppe Costanza, che il 23 maggio del 1992 visse il medesimo incubo ma in occasione di un’altra strage, quella che costò la vita a Giovanni Falcone. Qualche anno fa, a Vanity Fair Costanza aveva manifestato tutta la sua rabbia per essersi sentito abbandonato dallo Stato anche lui, al punto da non essere stato mai invitato neppure alle commemorazioni. A tal proposito, la commemorazione più importante decise di celebrarla da solo, proprio appena uscito dall’ospedale, dopo essere rimasto ferito gravemente in seguito alla strage: “La prima cosa che ho fatto è stata farmi accompagnare a Capaci. Sentivo che, se non l’avessi fatto subito, non avrei mai più avuto il coraggio di passare di lì”. La sopravvivenza, al pari di Paparcuri – con il quale Costanza è amico – è stata “una condanna”, come dallo stesso dichiarato: “I miei figli, allora ragazzini, che sono dovuti diventare uomini da un giorno all’altro perché io, il loro padre, mi sono trasformato nell’ombra di me stesso”.