In vista della prossima udienza del processo sulla morte di Yara Gambirasio, la difesa dell’unico imputato, Massimo Bossetti, prepara le ultime carte da giocare. Un particolare macabro, tuttavia, potrebbe ora incastrare ulteriormente il muratore di Mapello. Si tratta, come fa sapere Il Giornale, di un ciuffo d’erba che la tredicenne stringeva tra le mani poco prima di morire ed in merito al quale ci sarebbero addirittura delle foto della polizia. Secondo gli inquirenti e l’accusa, Yara sarebbe stata uccisa proprio nel campo di Chignolo dove fu ritrovata, mentre non la penserebbe così la difesa di Bossetti che avrebbero accusato il carabiniere che asserì di aver visto la ragazzina stringere tra le mani il ciuffo d’erba di falsa testimonianza. Gli avvocati del muratore sosterrebbero infatti che l’erba in questione sia appartenente ad un altro terreno e che Yara fu portata in quel campo solo in un momento successivo alla morte. A smentire ciò sarebbe tuttavia Cristina Cattaneo, l’anatomopatologa che eseguì l’autopsia sul cadavere della tredicenne e che avrebbe in merito commentato: “L’erba che la ragazza stringeva tra le dita è la stessa presente nel campo di Chignolo d’Isola. Yara è stata uccisa lì, lo confermano altre prove effettuate sulla vegetazione e sugli insetti trovati sul corpo”.
A pochi giorni dalla nuova udienza del processo a carico di Massimo Bossetti, unico imputato per il delitto della tredicenne Yara Gambirasio, ad intervenire è stato il giornalista Carmelo Abbate tramite la sua pagina Facebook. Il caso in questione ha fatto finora molto discutere e non solo in aula – aprendo il duro dibattito tra accusa e difesa – soprattutto in merito alla prova regina del Dna. Proprio questo aspetto potrebbe incastrare definitivamente il muratore di Mapello per il quale il pm ha richiesto la pena massima dell’ergastolo. “Dopo aver analizzato tutti i dati chiesti dagli avvocati, i consulenti della difesa (non dell’accusa) hanno ammesso in aula che il DNA NUCLEARE APPARTIENE A MASSIMO BOSSETTI e che quello nucleare è l’unico dna valido ai fino identificativi”, ha esordito Abbate. “A quel punto la perizia (chiesta successivamente dagli avvocati) non serve a nulla e bene ha fatto il giudice a non concederla”, ha aggiunto il giornalista asserendo come in un processo la prova si formi proprio nel corso del dibattimento. “In questo è diventata prova che sulle mutandine di Yara c’era traccia di Massimo Bossetti. Quindi, o l’imputato riesce a fornire una spiegazione valida, oppure fine del processo”, ha chiosato. Clicca qui per leggere lo stato completo.
Con oggi si apre una settimana decisiva per Massimo Bossetti, a processo per il delitto di Yara Gambirasio di cui risulta l’unico imputato. Il carpentiere di Mapello insieme alla sua difesa è pronto a vivere una delle ultime udienze prima della sentenza: il prossimo venerdì 10 giugno, infatti, tornerà in aula dove a prendere la parola sarà nuovamente la sua difesa, composta dagli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini. Prosegue dunque l’intensa arringa che si pone l’obiettivo di smontare il solido castello accusatorio evidenziato dal pm Letizia Ruggeri nel corso della sua infinita requisitoria durata 13 ore, al termine della quale ha avanzato la richiesta di ergastolo a carico di Massimo Bossetti, ritenuto il solo assassino della tredicenne di Brembate, Yara Gambirasio. Cosa dobbiamo aspettarci dalla prossima udienza? Mentre nel passato appuntamento presso il Tribunale di Bergamo l’attenzione dei legali dell’imputato si è concentrata su uno degli elementi forti in mano all’accusa, ovvero il luogo in cui è stato ritrovato il cadavere di Yara Gambirasio a tre mesi dalla sua scomparsa e la presunta ora del decesso, nell’udienza che andrà a svolgersi sul finale di settimana la difesa si concentrerà su un altro tema scottante, finora solo accennato e che rappresenta il vero fulcro di tutto il processo a carico di Massimo Bossetti, ovvero il Dna ritrovato sugli slip e su altri indumenti della giovane vittima e che per l’accusa apparterrebbe proprio all’unico imputato a processo. Potrebbe essere proprio quella che è stata definita la “prova regina” la motivazione più forte in seguito alla quale il giudice potrebbe condannare all’ergastolo (e a sei mesi di isolamento diurno richiesti sempre dal pm Ruggeri) il carpentiere di Mapello. Ricordiamo che a carico di Massimo Bossetti sussistono le pesanti accuse di omicidio aggravato da sevizie, crudeltà e minorata difesa.