Sembra una bufala ma non lo è: un marocchino distrugge un crocifisso in una Chiesa a Venezia: a San Geremia nel sestriere di Cannaregio il fatto incredibile viene raccontato da un incredulo parrocchiano. Succede tutto pochi giorni fa: un ragazzo 25enne magrebino è entrato nella chiesa, si è guardato intorno e ha iniziato ad alzare la voce dicendo che qualcosa dentro lì non andava. Poi arrivano le urla e qui la confusione si rende palese nelle parole dell’uomo sconosciuto a tutti dentro lì: «ve la do io la verità, la porto io la verità», in una ripetizione che ha evidenziato forse uno stato confusionale nella mente del ragazzo. Sta di fatto che poi dalle parole si è andati ai fatti: fuori controllo, mentre i pochi parrocchiani in Chiesa che tentavano di fermarlo, si è diretto verso il crocifisso di legno del Settecento altro tre metri e largo due e ha comunicato a scuoterlo finché lo ha fatto cadere per danneggiarlo. A quel punto, al culmine della follia – o dell’attacco premeditato, va ancora verificato – i fedeli lo hanno bloccato fino all’arrivo dei carabinieri. Risultato? Beh, il crocifisso viene distrutto, con parti gravemente danneggiate; in secondo luogo, l’uomo ha continuato a farneticare di possedere la verità e di volerla dire a tutti. Terzo luogo? Il ragazzo musulmano ha tentato di distruggere un simbolo che è molto più che tale: è lì per mostrare proprio l’assoluta fragilità del divino e dell’uomo che può essere anche senza “ribattere” essere perseguitato e danneggiato, fino alla distruzione. Ma per chi ci crede quel crocifisso ha un duplice rimando e la fede degli uomini in Quell’Uomo ricorda come anche una distruzione del genere può essere superata: se è risorto, un braccio spezzato in una statua è cosa assai più “riparabile”. E la verità passa da quella “frattura”, molto più umana e paradossalmente più stabile di una “verità” urlata e farneticate.