Le storie che arrivano dalla Siria sull’Isis, anche se non sempre fanno notizia tra le grandi agenzie di stampa e comunicazioni mondiali, sono sempre più impressionante. Non tanto per la potenza militare, pur forte, degli jihadisti legati alla sharia e al fondamentalismo islamico: ma è la costante volontà di annientare chi vi sta di fronte, di lanciare messaggi a destra e manca, e si arrivare come se fosse inezia all’omicidio di massa. Le notizie arrivano in questi giorni e riguardano, ad esempio, una squadra di calcio di una delle città simbolo della lotta all’Isis, Raqqa: ebbene, come riportano i colleghi Uk del Mirror, quattro calciatori della squadra di Al Shabab di Raqqa sono stati decapitati dai miliziani dell’Isis che li avevano accusati di spionaggio a favore delle forze curde Ypg. È morta anche una quinta persona che al momento ancora è rimasta senza identità: il calcio, uno dei tanti simboli di una libertà del tutto violata, ogni singolo aspetto della vita di tutto i giorni reso nullo dalla potenza ideologica e devastatrice del terrorismo di Daesh.
Oppure come la storia quasi dimenticata di un’altra città della Siria, Madaya, che risuona in queste settimane sempre sul filo dell’incubo Isis. Una Ong come SAMS e un’altra come PHR hanno denunciato come in questa città in un anno sono arrivati solo 4 convogli umanitari dell’Onu; qui è in atto una lotta fratricida a tre sponde, come un po’ il simbolo della Siria di oggi. Da una parte i ribelli, dall’altra il regime siriano di Assad e dall’altra ancora il regime di Daesh con l’incubo del fondamentalismo islamico: per i poveri cittadini una situazione davvero insostenibile che ora viene portata a coscienza internazionale con l’accusa contro l’Onu. «I convogli umanitari delle Nazioni Unite che hanno finalmente raggiunto Madaya non sono riusciti a fornire alla popolazione cibo sufficiente, medicine e attrezzature mediche. Decine di abitanti di Madaya sono morti a causa di questi fallimenti. E ogni giorno sotto assedio porta al resto della popolazione di Madaya un giorno di più vicino alla morte”, è l’appello fatto tramite le agenzie internazionali. Si stima che circa 40.000 persone siano rimasti in Madaya, circondata dalle forze del regime e dei loro alleati.