Golpe in Turchia, forse spunta una novità a due giorni dal colpo di stato tentato contro Erdogan. Quando le notizie sono di questo livello vanno sempre prese con le pinze, specie con stati del mondo dove la tortura e le epurazioni, come in queste ore stiamo assistendo tutti, sono all’ordine del giorno: ma la news è importante e dopo l’annuncio della Bbc è giusto riportarla. L’ex generale Akin Ozturk avrebbe confessato di aver preso parte alla pianificazione del fallito golpe: ad affermarlo è l’agenzia turca Anadolu, dopo alcuni stralci riportati dopo gli interrogatori subiti dall’ex capo dell’aviazione turca, catturato e arrestato dopo il tentato colpo di stato. In precedenza il militare aveva però detto come non c’entrava nulla con il golpe e che anzi aveva cercato di contrastarlo con ogni forza: sapere dove sta il vero nell’intera vicenda forse al omento è davvero impossibile, ma restano forti sospetti su Ozturk e altri 70 generali-colonnelli che potrebbero essere alla base del tentato colpo di stato. Le porge continuano e bisogna vedere ora che fine farà questo ex generale, visto che nelle ultime immagini diffuse dall’agenzia di stampa turca, è ritratto con molti segni sul volto e il fisico deturpato dalle presunte botte ricevute.
Il golpe fallito sembra aver dato ad Erdogan la patente per poter effettuare tutte quelle limitazioni della libertà e della democrazia che probabilmente meditava da tempo: ad esempio, da oggi le autorità turche hanno introdotto una nuova regolamentazione che vieta l’espatrio ai dipendenti pubblici, oltre al divieto assoluto per ora a tre milioni sempre di lavoratori dello stato (fonte tv turca Ntv). Secondo alcune stime sommarie, si tratterebbe di circa il 5% della popolazione complessiva: ma non finisce certo qui. Secondo Johannes Hahn, commissario europeo delegato alla situazione in Turchia, ci sarebbe stata una lista preparata prima del tentativo di golpe dei giorni scorsi con i nomi di seimila persone da arrestare. “E’ quello che temevamo” ha commentato, facendo capire che il colpo di stato era stato fomentato dallo stesso Erdogan e dai suoi sostenitori per eliminare tutti coloro che in qualche modo rappresentano l’opposizione alla sua idea di una Turchia fondamentalista, islamizzata e dittatoriale. Tali liste non sono più un sospetto, ha detto ancora Hahn ma è possibile consultarle, sono disponibili. Gli episodi che confermano tutto questo sono poi documentati: alcuni jet militari avevano intercettato l’aereo su cui Erdogan stava fuggendo, ma non hanno aperto il fuoco contro il velivolo, il che non ha senso. Così come molti dei soldati arrestati hanno testimoniato che i superiori avevano detto loro trattarsi di esercitazioni non di un colpo di stato.
La Turchia vive attimi e giorni di terrore: dopo il golpe fallito e il colpo di stato non andato a buon fine di qualche parte dell’esercito, non basta il consueto pericolo per attentati islamisti, Isis o curdi, ma si aggiunge anche il rischio della guerra civile. Dopo che Erdogan sta cercando con mano pesante di riprendersi il potere, la comunità internazionale è tutto il giorno che avverte il “sultano” che le vendette e la pena di morte indicata da Erdogan come possibile soluzione non possono assolutamente essere accettate sotto nessun punto di vista, né politico né umanitario. Intanto arrivano le notizie e le prove fisiche dei primi provvedimenti di purghe decise dal presidente Erdogan: ieri il Mirror ha diffuso le foto del trattamento riservato ad alcuni degli 8mila soldati militari arrestati, assieme a oppositori, giudici e agenti di polizia non allineati con il governo di Apk. Nelle immagini si scorgono decine di soldati ammassati per terra, a torso nudo e con faccia in giù, che attendono dentro ad una palestra il verdetto del tribunale “improvvisato” di Bakirkoy, nella parte europea di Istanbul. La mente va al passato e le purghe di altre ideologie terribili passate purtroppo tornano eccome di stretta attualità: rischi che la comunità europea e la Nato dovranno ora tenere sotto stretta osservanza.
La Turchia sta cercando un nuovo assetto mondiale, alleati possibili dopo il golpe fallito e il colpo di stato dei militari represso nel sangue, anche se con il mistero di un’azione durata di fatto solo una notte. Ma ora le epurazioni e le affermazioni di Erdogan lo stanno ponendo di nuovo sotto l’occhio del ciclone, stavolta però da parte dell’Occidente. “Parlare di pena di morte? Non entrerà ma in Ue allora”, è la minaccia che arriva da Berlino che non ha per nulla gradito le epurazioni in corso in tutta Turchia, con retate che finora hanno fatto circa 12mila arresti e altrettanti ne arriveranno nelle prossime ore. «Nessun Paese può diventare Stato membro dell’Unione Europea se introduce la pena di morte», fa eco anche la capo diplomazia Ue, Federica Mogherini, durante l’incontro bilaterale con i Segretario di Stato Usa, John Kerry. Proprio il collega di Obama ha voluto esprimere tutto il disappunto per i metodi “di pulizia”: «chiediamo con fermezza che il governo della Turchia mantenga la calma e la stabilità in tutto il Paese e inoltre esortiamo l’esecutivo turco a mantenere alti gli standard di rispetto della democrazia».
Il tentato golpe dei militari in Turchia contro Erdogan e la sua reazione successiva post-colpo di stato fallito stanno tenendo sul filo del rasoio la politica internazionale e gli scenari già piuttosto delicati tra le varie superpotenze. La minaccia del terrorismo incombe ma non sembra esserci una totale unità di intenti e il fattore-Turchia non sta certo aiutando: intanto arriva una prima accusa formulata chiaramente da un membro dell’Unione Europea, Johannes Hahn, che non accetta i metodi (diciamo non proprio da oggi) in uso da Erdogan. Il commissario per la Politica di vicinato e i negoziati per l’allargamento dell’Ue, a cui la Turchia ambisce da anni, si è scagliato contro le epurazioni di questi giorni del “sultano”, durante il Consiglio Affari Esteri di Bruxelles: l’Ansa riferisce, “le liste di epurazioni erano già pronte, disponibili. Questo dimostra che erano già state preparate prima del tentativo di colpo di stato”. Le liste per giudici, militari turchi e poliziotti traditori – sono già 7mila gli agenti sospesi – e l’invocazione della pena di morte da parte dello stesso Erdogan non possono lasciare indifferenti gli altri attori internazionali, anche se Russia e Usa al momento sono molto guardinghi. Addirittura la Mogherini, Alto rappresentante della diplomazia europea, ha lanciato un monito alla Turchia dopo il golpe tentato: «Lanceremo un forte messaggio per il rispetto dello stato diritto e del principio della divisioni dei poteri, che devono essere protetti e rispettati per il bene della Turchia stessa». John Kerry, oggi a Bruxelles per discutere di Brexit, Nizza e Turchia appunto, si esporrà maggiormente?
Dopo il golpe fallito in Turchia dei giorni scorsi, sono scattati gli arresti che al momento avrebbero già sfiorato quota seimila, come rivela l’agenzia di stampa EuroNews.com. Il numero sembra essere destinato a salire ancora nelle prossime ore con un clima che si preannuncia anche per questa giornata molto rovente. Tra gli arrestati figura anche il nome di Akin Ozturk, ex comandante dell’aviazione e considerato il “capo” del fallito golpe. Intanto, il premier turco Yildirim ha proclamato il successo della democrazia ed ha assicurato vendetta verso i “nemici”. Il presidente Erdogan, invece, ha ipotizzato il possibile ritorno della pena di morte, abolita nel 2004 e la medesima richiesta è stata ribadita anche dai sostenitori di Ankara, nella cui piazza il governo continua a celebrare la sconfitta dei golpisti.
All’indomani delle migliaia di arresti ed a giorni di distanza dal golpe fallito in Turchia, il governo annuncia che presto ci sarà un’altra tornata di fermi. Per il Presidente Recep Tayyip Erdogan si tratta di una “pulizia di virus all’interno di tutte le istituzioni dello Stato”, riporta il Corriere della Sera, mentre è guerra aperta con gli Usa per via dell’estradizione di Fethullah Gulen, considerato il responsabile del tentato colpo di Stato. Il Segretario John Kerry risponde alle accuse di Erdogan, secondo cui l’America sarebbe connivente con il leader islamico, definendo il gesto del Presidente turco come “irresponsabile”. Una situazione problematica quindi quella che attraversa in queste ore la Turchia, soprattutto da un punto di vista economico. L’unica figura che pare emergere con più foza è quella di Erdogan, scrive Il Sole 24 Ore, all’interno di un Paese fragile ed isolato rispetto al resto del mondo, soprattutto se continueranno ad esserci le tensioni con gli Stati Uniti, l’Unione Europe e la Nato. La preoccupazione maggiore in questo momento è che proprio al confine con la vicina Russia si trovi terreno fertile per la nascita di uno Stato curdo. Il ruolo quindi di collegamento che fino ad oggi aveva avuto la Turchia, fra Occidente ed Oriente, sembra ormai svanire, soprattutto se si considera che lo stesso Erdogan vorrebbe un ruolo di primo piano per il proprio Paese. Intanto il caos appena scoppiato si ripercuote anche sugli investitori, mentre si attende un nuovo referendum che consenta al Presidente turco di avere legalmente i poteri già esercitati in questi giorni. “Era la fragile stabilità politica a spingere il recente apprezzamento dei mercati turchi”, spiega Erik Nielsen, il capo economista di Unicredit, “ora, con la stabilità dimenticata, i pesi e contrappesi politici minacciati e la fiducia scossa, i mercati saranno deboli”. Il rischio è anche quello che la Banca centrale possa perdere quel poco di indipendenza ancora presente, con un’inflazione rapida e la svalutazione della lira.